Perché i giovani afghani in Austria aggrediscono donne più degli altri?
L'articolo "non divertente da scrivere" di una specialista
Cheryl Benard è una ricercatrice specializzata nelle politiche per aiutare l’islam moderato a prevalere sull’estremismo, ha scritto un libro che s’intitola “Islam civile e democratico” che è stato trovato nel covo di Osama bin Laden – come “manuale del nemico” – e ha lavorato a contatto con i rifugiati per la maggior parte della sua vita professionale, dal Pakistan allo Yemen, al Sudan, al Libano, il Nicaragua, la Bosnia e l’Iraq. A luglio ha scritto un lungo articolo per il National Interest, la rivista della scuola politica realista in America, un articolo “che non è stato divertente per me da scrivere, perché ho una profonda simpatia per la condizione critica dei rifugiati”. Benard descrive le aggressioni sessuali, gli stupri e i tentativi di stupro da parte dei rifugiati afghani in Austria, che raggiungono una percentuale incredibile. Secondo i dati della polizia austriaca, gli afghani sono responsabili per il cinquanta per cento dei casi. Benard dice che però questa violenza da parte degli afghani è una costante anche in altri paesi eruopei. Un punto che è molto chiaro è che in molti casi queste aggressioni sono un gesto autolesionista da parte degli aggressori: attaccano le donne in pieno giorno, saltano addosso a mamme con il passeggino in mezzo a un parco affollato da altre persone, provano a stuprare una ragazza a bordo di un treno con molti altri passeggeri, si denudano in piscina davanti a decine di testimoni. Ci sono anche casi di violenze nascoste e di rapimenti, ma c’è questo elemento pubblico che rende questi attacchi inspiegabili.
Una prima teoria difensiva, spinta con forza dalla generazione più vecchia della diaspora afghana, è: “Sono ubriachi”. Ma non regge, perché non spiega perché gli afghani sono più vulnerabili a questi raptus degli altri rifugiati che vengono da paesi in condizioni simili. Un’altra teoria dice che si tratta di una conseguenza dello choc culturale: i giovani afghani arrivano da una società dove i sessi sono segregati, si trovano davanti ragazze in minigonna e perdono la ragione. Ma anche questa non regge, perché c’è una ricca aneddotica di aggressioni contro bersagli che non erano per nulla provocanti, per esempio una pensionata di settantadue anni, mamme a passeggio con i figli, uno studente rapito e violentato in Svezia. “I bersagli preferiti non sono gli stereotipi che ci immaginiamo, giovane donne vestite in modo provocante che un musulmano confuso da un entroterra ultraconservatore può interpretare come promiscua. No: spesso le vittime sono madri con bambini”.
“Questo ci porta a una terza teoria, più urgente e molto disturbante – che mi è stata detta da un amico afghano che lavora come traduttore nei processi giudiziari. Sulla base delle centinaia di interazione con questi giovani uomini che ha avuto nel corso degli anni a causa della sua professione, è convinto di avere trovato che quelli sono motivati da un profondo e costante disprezzo per la civiltà occidentale. Per loro, gli europei sono il nemico, e le loro donne sono legittime spoglie di guerra, come molte altre cose che è possibile prendere da loro: case, denaro, passaporti. Le loro leggi non importano, la loro cultura è non interessante e, alla fine, la loro civiltà cadrà in ogni caso davanti all’orda di cui loro sono l’avanguardia. Non c’è bisogno di farsi assimilare, o di lavorare duro o tentare di costruirsi una vita decente – questi europei sono troppo morbidi per punirti sul serio per una trasgressione, e i loro giorni sono contati”. Ma questo, dice Benard, non spiega ancora perché sono predatori sessuali così stupidi e inetti. “A rivedere i casi: viene in mente una parola: realizzazione”. Studentesse, felici di alzare il loro livello di istruzione. Ragazze nei parchi, che si godono il sole. Una madre porta a passeggio due figli. Gente attraente, appagata, felice, normale… una vista insopportabile”. I giovani afghani ci stanno dicendo che loro non tollereranno la vista di donne che sono sicure di loro, felici e che si sentono protette quando sono in uno spazio pubblico.