L'Europa è l'alternativa al trumpismo
Gentiloni dice le parole chiave dell’europeismo. Ma che non sia un rifugio
Multilateralismo, rilancio europeo, solidarietà. Il premier italiano Gentiloni sul palco dell’Assemblea generale dell’Onu ha ribadito le parole chiave della leadership europea, che in questo 2017 dello scampato pericolo ha ritrovato un’unità insperata. Per bilanciare un mondo sbilenco e pericoloso, l’Europa ricorre al suo patrimonio più prezioso, il soft power, unico collante della comunità occidentale. In Libia – e Gentiloni ha rivendicato i meriti dell’Italia – la tela di negoziati e trattative tessuta tra tante difficoltà, interne ed esterne, è il prodotto con più potenziale che è stato generato dal soft power: l’esito è pericolante, l’ottimismo è un lusso che in tempi in cui si evocano scenari di “distruzione totale” nessuno si concede alla leggera, ma quando il premier italiano dice che “l’Europa è in Africa” ribadisce una politica concreta, non fa retorica.
Il problema è rendere efficace questo multilateralismo, far sì che non sia soltanto un ombrello sotto cui rifugiarsi in questo evo di tempesta. Spesso, negli ultimi due decenni, tra i negoziati e le trattative si sono nascoste inazioni deleterie, mascherate da un istinto di salvaguardia dello status quo che non ci ha reso né più stabili né più sicuri. Nell’appello a unità e collaborazione a questo bisognerebbe badare, all’efficacia dell’azione diplomatica, ai suoi risvolti concreti (basta forse un rapporto dell’Aiea per essere certi che il deal con l’Iran stia funzionando?), alla visione finale che si sta inseguendo. Da soli non si può ottenere nulla, dice Gentiloni, ma è appena ironico rilevare chi sono i grandi assenti della kermesse onusiana: il russo Putin, il cinese Xi, solitari loro sì, e senza nemmeno delle democrazie – “capaci di progresso infinito”, come da citazione rooseveltiana di Gentiloni – cui rendere conto.
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