Dopo il voto in Iraq, Erdogan minaccia di affamare i curdi
Il presidente turco rispolvera la sua retorica più violenta contro il referendum per l'indipendenza: tra le opzioni quella di "chiudere il rubinetto del petrolio" e di inviare l'esercito
Mentre i curdi iracheni aspettano i risultati del referendum sull'indipendenza, la Turchia accusa di tradimento il governo autonomo di Erbil e prepara contromisure punitive. Quando i seggi sono stati chiusi, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha avvertito che tutte le opzioni "sono sul tavolo" e ha criticato la scelta di andare a votare nonostante l'opposizione della comunità internazionale. Insieme all'esercito iracheno, i turchi hanno avvitato da giorni delle esercitazioni militari al confine con l'Iraq: "Il nostro esercito non è lì per caso – ha chiarito Erdogan – e potremmo intervenire all'improvviso, una notte".
Nei giorni scorsi, Ankara aveva già annunciato ritorsioni nei confronti dei curdi iracheni, tra cui la chiusura dell'oleodotto che dal Kurdistan iracheno arriva fino in Turchia, sabotando in questo modo la principale fonte di sostentamento economico della regione. "Il rubinetto (del petrolio, ndr) ce l'abbiamo noi. Non appena lo chiudiamo è fatta", ha aggiunto il presidente turco, che ha fatto della sua guerra ai combattenti curdi uno dei pilastri della sua presidenza.
Già ieri l'afflusso degli automezzi attraverso la frontiera col Kurdistan iracheno è stato regimentato e il flusso delle automobili che cercavano di entrare in Turchia è stato interrotto. Del resto, la battaglia di Ankara contro l'indipendenza dei curdi "è una questione di sopravvivenza", ha aggiunto ieri Erdogan, che ha affermato di essere pronto a mettere in pratica qualsiasi contromisura in accordo col governo federale di Baghdad, atteso oggi a dare una risposta ufficiale all'esito del referendum. Il voto non porterà a una dichiarazione immediata di indipendenza, in quanto è stato indetto in via autonoma e unilaterale dal governo autonomo di Erbil, Souleimaniyeh e Dohouk, i tre governatorati della regione curda. Ma l'ipotesi di un riconoscimento da parte di Baghdad dell'esito delle consultazioni è comunque fuori discussione. Ieri, il primo ministro iracheno Haider al Abadi ha chiarito per il governo federale iracheno il voto "è anti costituzionale". L'esito del referendum, votato dal 72 per cento degli aventi diritto, è scontato: secondo le prime proiezioni non ufficiali, il Sì dovrebbe imporsi superando il 90 per cento dei voti.