Se comprate i salmoni siete complici
Un’inchiesta bomba sui lavoratori nordcoreani all’estero che ci riguarda
Gli americani che comprano il salmone da Walmart o da Aldi potrebbero aver finanziato il programma nucleare nordcoreano. Non è un titolo sensazionalistico pescato dai siti internet acchiappaclic, ma una serissima inchiesta pubblicata ieri dall’Ap. I giornalisti sono andati a Hunchun, una città cinese nella provincia dello Jilin, una lingua di terra cinese tra la Russia e la Corea del nord, dove Pechino ospita spesso e volentieri lavoratori nordcoreani che sono forza-lavoro a basso costo per le industrie della zona. L’Ap è riuscita a dimostrare la gestione nordcoreana di almeno tre catene di distribuzione di pesce, che poi viene esportato sia in America sia in Europa. L’aspetto più interessante dell’inchiesta, in realtà, è la dimostrazione di ciò che sappiamo da tempo: la forza-lavoro nordcoreana all’estero è una “nuova forma di schiavitù”, così è stata definita da diversi rapporti dell’Onu, e questo perché i cittadini nordcoreani che si trovano fuori dai confini nazionali non possono tornare a casa, non possono avere contatti col mondo esterno, e della paga mensile possono trattenere soltanto il 30-40 per cento. Il resto deve tornare a Pyongyang. Per quanto assurdo e provocatorio possa sembrare il titolo dell’inchiesta dell’Ap – un modo per colpevolizzare l’opinione pubblica inconsapevole – da anni sappiamo come funziona la vita dei cittadini nordcoreani all’estero. Nelle ultime sanzioni internazionali c’è anche il divieto di assumere nordcoreani, divieto che però non si applica a chi è già all’estero. Per esempio, a quei calciatori che qui da noi non possono rilasciare interviste e non sono liberi di andarsene. La loro condizione somiglia tantissimo ai lavoratori di Hunchun.