Kim Jong-un sponsor del terrore
Trump rimette la Corea del nord nella lista. La lezione del verme nella pancia
Nel 2008 la rimozione della Corea del nord dalla lista degli stati sponsor del terrorismo fu uno dei momenti più difficili della strategia estera di George W. Bush. L’allora presidente americano, che aveva citato Pyongyang tra i simboli dell’“asse del male”, era stato messo all’angolo dai nordcoreani: eliminarli dalla lista era l’unico modo per raggiungere un accordo sul nucleare, far entrare gli ispettori americani nelle centrali atomiche nordcoreane. Accordo disatteso ufficialmente sei mesi dopo, con il secondo test nucleare della storia di Pyongyang. Ieri il presidente Donald Trump ha annunciato, all’inizio di una riunione di gabinetto, che la Corea del nord tornerà nella lista degli stati sponsor del terrorismo insieme con Siria, Iran e Sudan. Simbolicamente è un ritorno alla strategia dell’asse del male, ma non molto di più, e altrettanto non cambierà per la Corea del nord, già sufficientemente isolata. La cosa più interessante è semmai che Trump abbia citato come atto di terrorismo l’omicidio di Kim Jong-nam a Kuala Lumpur. Perché il problema è questo: a forza di contare test missilistici e kilotoni dei test nucleari, spesso ci dimentichiamo che cosa sia il regime nordcoreano. E a ricordarcelo ci sono i fratellastri uccisi con il gas nervino, i parassiti di 27 centimetri trovati nella pancia del soldato nordcoreano che una settimana fa è riuscito a scappare, e l’incredibile reportage pubblicato dal Washington Post con le voci di 25 fuoriusciti nordcoreani che hanno vissuto l’èra di Kim Jong-un: il socialismo è fallito, lo stato non provvede più a niente, l’unico modo per sopravvivere in Corea del nord è il mercato nero. Senza mai dire quello che si pensa. Se il regime di Pyongyang è un regime terrorista, lo è soprattutto contro i suoi stessi cittadini.