Il paradosso di Dublino
L’applicazione cieca del regolamento sui migranti mette in crisi il governo sloveno
Dopo essere stato accusato di avere demolito la solidarietà europea e di avere impedito un’equa ripartizione dei migranti tra gli stati membri dell’Ue, ora l’applicazione a senso unico del regolamento di Dublino potrebbe anche fare cadere il governo di un paese membro. E’ il caso della Slovenia, uno degli stati dell’Europa orientale finora più ligi alle leggi internazionali sull’immigrazione. Il governo di Lubiana ha accolto 335 dei 567 richiedenti asilo che gli spettavano secondo il sistema delle quote di ripartizione dei profughi provenienti da Grecia e Italia. Un record, se paragonato con i paesi del gruppo di Visegrad che, insieme con l’Austria, sono paladini della chiusura delle frontiere e si oppongono a qualunque riforma di Dublino. Ma nonostante il comportamento virtuoso e la buona riuscita dei programmi di integrazione, è bastata una sola goccia per portare il governo sloveno vicino al crollo. Da settimane a Lubiana si discute della storia di Ahmad Shamieh, un rifugiato siriano arrivato in Slovenia nel 2015 dopo essere passato dalla Croazia. Shamieh potrebbe definirsi oggi ben integrato: vive in Slovenia da due anni, ha imparato la lingua e partecipa a diversi progetti umanitari. Ma di recente un tribunale ha chiesto il suo espatrio proprio in Croazia, il paese da cui era entrato nell’Ue, secondo quanto previsto dal regolamento di Dublino. Il premier di centrosinistra Miro Cerar, che guida la coalizione al governo, si è schierato contro il rimpatrio di Shamieh. Ma per l’opposizione si tratta di una violazione delle leggi internazionali e venerdì ha chiesto la procedura di impeachment contro il premier. Così in Slovenia si comincia a guardare alla possibilità di elezioni anticipate. I numeri, secondo una tendenza consolidata negli ultimi mesi in Europa, dicono che anche qui lo scenario politico è diviso: i socialdemocratici, favorevoli all’accoglienza, sono al 16,4 per cento dei consensi, seguiti dagli anti immigrati del centrodestra, che raccolgono il 15 per cento dei voti e dai centristi di Cerar, all’11,9 per cento. E dire che fino a qualche mese fa il governo aveva guidato il paese a una crescita record del pil con un 4,7 per cento. Sono i nuovi scossoni della crisi migratoria europea, che sembra colpire con più forza proprio quei paesi che, come l’Italia, finora sono stati i più virtuosi.