Gerusalemme capitale
L’America sarà in grado di gestire gli effetti del suo abbraccio a Israele?
L’Amministrazione Trump annuncerà mercoledì che Gerusalemme è la capitale di Israele. Da qualche tempo si parla di questa volontà americana, ora la decisione sembra presa ed è un segnale molto potente nei confronti di Israele, che negli ultimi anni si è sentito trascurato (eufemismo) dagli Stati Uniti di Obama e che ora si trova a gestire l’altalena politica di Washington, mentre attorno tutto sta cambiando. L’Iran è arrivato alla soglia di Israele approfittando della crisi siriana, il Libano è politicamente instabile e probabile terreno di scontro della grande guerra tra Teheran e Riad, i palestinesi di Hamas e Fatah hanno siglato un accordo di collaborazione che ancora deve prendere forma, il Sinai è appena stato colpito da una strage jihadista. La decisione americana di dichiarare Gerusalemme capitale è destinata ad agitare ulteriormente la regione, pure se, in questo momento, i sauditi e gli egiziani potrebbero decidere di non reagire, aiutando di fatto gli americani. Ma il problema è a Washington: manca un’azione diplomatica, e non si tratta soltanto di irrilevanza teorica. Il dipartimento di stato non esiste più, il suo capo, Rex Tillerson, è sfiduciato e da mesi non fa nulla che poi non venga smentito dal presidente. E’ così che una mossa forte da parte di Trump può trasformarsi in un’instabilità ingestibile, e con quel che sta accadendo attorno al Russiagate rischia di apparire pure come un diversivo.