In Catalogna inizia già lo scontro sul prossimo governo
Gli indipendentisti riconquistano la maggioranza ma gli unionisti di Ciudadanos sono primi. Rajoy rifiuta la proposta di incontro dell’ex president Puigdemont
In Catalogna con il voto di giovedì 21 dicembre è emersa “una frattura molto grande, ci vorrà tempo per ricomporla”, ha detto il premier spagnolo Mariano Rajoy in una dichiarazione dal palazzo della Moncloa. “La necessaria riconciliazione, ha aggiunto, dovrà avvenire nel quadro della legge e del rispetto dei diritti della minoranza e della maggioranza”. Se è vero infatti, come dichiara il primo ministro, che “l’alta partecipazione al voto di ieri riflette la risposta civica dei cittadini della Catalogna e il fatto che dalle urne esce la fotografia di una “Catalogna non monolitica ma plurale”, è altrettanto evidente che “non c’è un numero sufficiente di seggi per riprendere una direzione decisa”.
I risultati del voto in Catalogna
Il gioco d’azzardo di Rajoy di indire queste ultime elezioni, nella speranza che la crisi degli ultimi mesi avrebbe eroso il sostegno all'indipendentismo e che il referendum avrebbe riportato la stabilità, è fallito. Il Partito popolare (PP), la forza conservatrice guidata da Rajoy, ha registrato il peggior risultato in assoluto nel voto di giovedì. E ora il premier deve decidere come trattare con i leader in carcere o esiliati che hanno dimostrato di nuovo di avere un mandato popolare, maggioritario al Parlament ancorché minoritario nel paese. "Mi interfaccerò con chi ha vinto le elezioni: Inés Arrimadas", ha detto Rajoy, riferendosi alla leader degli unionisti di Ciudadanos che al voto si sono affermati come primo partito. E rifiutando, in sostanza, la timida apertura al dialogo dell’ex presidente catalano Puigdemont: la sua “situazione giudiziaria, e di tutti gli imputati nel caso dell'indipendenza catalana”, ha spiegato il capo di governo “non dipende assolutamente dai risultati delle elezioni regionali di ieri ma dalle decisioni dei giudici. Sono i politici che devono sottomettersi alla giustizia come ogni altro cittadino e non la giustizia che deve sottomettersi a qualsiasi strategia politica”.
Sebbene Ciudadans – la costola catalana di Ciudadanos – sia stato il partito più votato della regione, i tre partiti indipendentisti (JuntsxCat dell'ex governatore Puigdemont, Erc del suo vice Oriol Junqueras e la Cup) mantengono una maggioranza simile a quella che avevano nella scorsa legislatura: 70 seggi (in precedenza erano 72). JuntsxCat, che prima del voto era dato al terzo o al quarto posto, ha conquistato la seconda posizione, con 34 seggi parlamentari. Il leader catalano ha dichiarato che i risultati di Barcellona segnano la sconfitta di Madrid, in quanto i partiti separatisti hanno ancora una maggioranza, benché debole e ridotta. "La Catalogna vuole essere uno stato indipendente, questo è il desiderio del popolo catalano", ha affermato Puigdemont, che sostiene che “il piano di Rajoy non funziona, quindi dobbiamo trovare nuovi modi per affrontare questa crisi”. Il governo spagnolo si sta riunendo per discutere i prossimi passi.
Cosa succede adesso?
Gli analisti dicono che il successo dei partiti separatisti significa che ora la palla passa di nuovo alla Corte costituzionale spagnola. Lo stesso organo che nel novembre scorso aveva annullato la dichiarazione unilaterale di indipendenza approvata dal Parlamento catalano il 27 ottobre. Non è ancora chiaro se Puigdemont sarà rinominato presidente, e in caso affermativo, se rientrerà dal Belgio. Allo stato attuale, se dovesse entrare in Spagna verrebbe arrestato. La formazione di un governo indipendentista è decisamente ostica: la coalizione di JuntsxCat, Erc e Cup (vale a dire: centrodestra + centrosinistra + sinistra maoista) che ha governato la Catalogna negli ultimi due anni si reggeva solo sulla prospettiva di ottenere l'indipendenza dalla Spagna in maniera unilaterale, progetto che è andato a sbattere contro la fermezza del governo di Mariano Rajoy. Il primo ministro lo ha ripetuto anche alla vigilia del voto: accetteremo qualunque risultato, basta che chi vince si impegni a governare e non compia azioni illegali - come a dire: possiamo riutilizzare l'articolo 155 della Costituzione a piacimento. Difficile quindi che si riformi una coalizione di tutti gli indipendentisti, e probabilmente ci aspettano lunghe settimane di negoziati inconcludenti.
Gli elettori catalani sono andati alle urne per la seconda volta in due anni e ancora una volta hanno prodotto un risultato che dimostra quanto profondamente divisa è la loro società. Ma il panorama politico della Catalogna rimane affollato e complicato ed è difficile intravedere una via d’uscita. Nel nuovo parlamento saranno rappresentati sette partiti, nessuno con più di un quarto dei seggi complessivi.
Intanto anche la Commissione europea ha dichiarato che la sua posizione nei confronti della Catalogna è rimasta la stessa, nonostante il nuovo risultato elettorale. Il braccio esecutivo dell'Unione ha sempre affermato che gli eventi in Catalogna sono una questione interna della Spagna. "La nostra posizione sulla questione della Catalogna è ben nota ed è stata regolarmente ribadita, a tutti i livelli e non cambierà", ha dichiarato il portavoce della Commissione Alexander Winterstein all'agenzia stampa Afp.