Il primato energetico d'America
Per capire la strategia mediorientale di Trump guardate (pure) le pale eoliche
Negli ultimi dieci anni gli Stati Uniti si sono, dal punto di vista energetico, trasformati. Anzi rivoluzionati. Partivano come una nazione con risorse energetiche scarse e ora ne hanno in abbondanza, in surplus. La produzione di greggio dell’America è quasi raddoppiata nell’ultimo decennio, e il paese è diventato qualche anno fa il più grande produttore di energia, grazie anche a investimenti nella tecnologia delle trivellazioni, nel fracking a nello shale gas. Oggi – ha scritto Amy Harder di Axios nella sua rubrica settimanale sulle questioni energetiche – gli Stati Uniti sono diventati i più grandi produttori del mondo di gas naturale. Grazie a investimenti a livello federale e statale, anche la produzione di energie “verdi”, come quella solare e quella eolica, è enormemente cresciuta: la produzione dell’energia delle pale eoliche è aumentata del 200 per cento, mentre quella dell’energia solare è cresciuta in modo esponenziale, visto che nel 2008 era quasi zero. Il prezzo più basso delle energie rinnovabili, dettato anche dalla sempre maggiore quantità, ha messo in crisi la produzione di energia nucleare e del carbone (più di una decina di reattori sono stati chiusi o saranno chiusi entro breve) mentre le questioni ambientaliste sono cresciute assieme ai maggiori ricavi per la vendita di petrolio e gas.
Gli effetti netti di questa rivoluzione devono ancora essere valutati, ma l’impatto è enorme. Per l’economia americana prima di tutto, ma anche per le relazioni internazionali che, come si sa, sono state condizionate dalle questioni energetiche (e “condizionate” è un grande eufemismo). In particolare sentiremo parlare della relazione tra americani e sauditi che, in questo momento, sta contribuendo a forgiare nuovi rapporti di potere nella zona mediorientale. Secondo alcune fonti, Riad avrebbe chiuso accordi con produttori americani di gas e petrolio, mentre aspetta l’ipo di Aramco che come si sa sarà ingente. Si tratta di un calcolo economico e politico dalle molte implicazioni per i sauditi, ma intanto segnala che la rivoluzione energetica americana ha cambiato anche la politica estera degli Stati Uniti, affossando da un lato il prezzo al barile e dall’altro costruendo una rete con l’Arabia saudita (e non solo) che ha persino l’aria di una strategia.