Aspettando la Merkel
L’Italia riunisce i paesi del sud Europa e conferma il legame con la Francia con il Trattato del Quirinale
Roma. L’Europa è tornata, ripete Emmanuel Macron, testimonial globale della rifondazione europea, che ieri è arrivato a Roma, di ritorno dalla Cina, per il vertice dei paesi del sud dell’Unione europea, il Med7 (se lo sentite chiamare da qualcuno “club med”, non si tratta di un simpatizzante). Il governo italiano ha ospitato i colleghi del sud, un gruppo di paesi (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, Malta, Cipro) che vale quasi il 47 per cento del budget dell’Ue ma che porta addosso le cicatrici della crisi economica e dello scontro contro i tedeschi sull’austerità.
Ora il dolore si è attenuato, le economie hanno ricominciato a marciare, chi più chi meno, si parla molto di convergenza, di beni pubblici europei, dei passi avanti fatti e i volti di questi leader sono più sereni, al limite distratti da altre, recenti angosce: Paolo Gentiloni, il premier italiano, è ospitale e rassicurante, conta sulla crescita e dice che la cooperazione regionale è fondamentale per costruire il consenso dei 27 che da qui parte e si rafforza con l’idea di un’Europa più inclusiva; Alexis Tsipras, il premier greco, sa che non sarà un anno facile per lui e per il suo paese ma la Grexit non è più in agenda; Mariano Rajoy, il premier spagnolo, ha una nuova ferita incerottata, la Catalogna, mentre il premier portoghese, António Costa, appare baldanzoso: se un “miracolo portoghese” c’è (non bisogna soffermarsi sul settore bancario, altrimenti non lo si vede) è grazie al suo modello di sinistra radical-pragmatica sul quale in pochi avevano scommesso. La star è Macron, il visionario, che non perde occasione per ribadire che il suo riferimento principale è l’alleanza con la Germania di Angela Merkel, il motore franco-tedesco, ma che intesse rapporti regionali e bilaterali. Con l’Italia ormai “c’è una consuetudine”, dice una fonte dell’Eliseo, e c’è l’impegno sul Trattato del Quirinale per consolidare la cooperazione bilaterale, che è stato ideato a Lione a settembre in un tête à tête tra Gentiloni e Macron e per il quale ora è stato creato un gruppo di lavoro.
Crescita economica e immigrazione sono stati al centro dell’incontro di ieri (e del bilaterale di oggi), con un rinnovato impegno a completare l’Unione monetaria ed economica e quella bancaria, con una garanzia dei depositi che permetta di ridurre e condividere i rischi. La crescita – che ora c’è – deve essere sostenibile e socialmente inclusiva, l’unico modo per combattere l’antieuropeismo (che in Italia è molto più forte che altrove) è mostrare un’Europa che funziona e che funziona per tutti.
Competitività e produttività fanno il paio con il tema del “bilanciamento”, per recuperare terreno politico in quel mondo che si è sentito estraneo al progresso. Che cosa questo poi voglia dire, in termini concreti, è ancora da vedere: i paesi del sud dell’Ue non sempre si ritrovano con un’agenda e un interesse comuni. Per uscire dalla crisi, ognuno ha dovuto muoversi secondo le proprie esigenze e opportunità (farsi salvare, accettare le regole dell’austerità) e queste divergenze o ambiguità precipiteranno presto in domande precise: c’è il budget pluriennale post Brexit da discutere, per far tornare i conti le alternative a disposizione non sono tante e non sono facili. Quanta sovranità si sarà disposti a cedere in nome della “rifondazione europea” di cui parla Macron? Quanti tabù ognuno è disposto a violare per ristrutturare la zona Euro? La Francia sarebbe disposta a sacrificare addirittura la sua adorata politica agricola, ma noi? – quando l’Italia dice che l’approccio è costruttivo, l’Europa “sovrana” implica concessioni, si muove con il piede giusto, ma il 4 marzo è dietro la porta.
Sull’immigrazione, l’Italia ha un modello da esportare, elogiato in tutta Europa. Finché qualcuno fa il lavoro “sporco”, gli altri possono continuare a muoversi in ordine sparso, la Grecia ha aperto le frontiere, la Spagna non se n’è occupata, la Francia del liberalissimo Macron si chiude ai migranti economici. La road map della rifondazione è fissata, ma finché non c’è un governo a Berlino, si resta fermi. Il Monde dice ai tedeschi “fate presto”, i giornali stanno dietro a ogni sussulto per capire se la Merkel riesce a convincere i socialdemocratici a un’altra grande coalizione, ma Macron non appare impaziente.