Il generoso compromesso di Trump
Spesa militare e welfare: l’accordo sul bilancio è un riposizionamento politico
Donald Trump sventola l’accordo biennale sul bilancio faticosamente negoziato al Congresso come un vessillo dell’aumento della spesa militare, pilastro del suo messaggio. L’asticella alzata di 80 miliardi quest’anno e di 85 miliardi nel 2019 dà al segretario Jim Mattis “ciò di cui ha bisogno per mantenere l’America grande”, ha twittato il presidente, ed effettivamente investimenti di queste proporzioni il Pentagono non li vedeva da quindici anni. Trump ha raccontato in ogni modo lo stato pietoso delle forze militari americane e ha usato questa versione per costruire un pezzo dell’epica della rinascita della grandezza. Quello che il presidente sbandiera meno è il costo politico dell’operazione.
Ai democratici ha concesso generosi finanziamenti ai programmi di welfare, una manovra da 131 miliardi di dollari che sostiene, fra le altre cose, un programma per la copertura assicurativa dei minori caro alla sinistra. E in più vanno contati i 90 miliardi concessi per la ricostruzione delle coste del sud colpite da catastrofi naturali. E’ fumo negli occhi per molti repubblicani che hanno promesso ai loro elettori di tagliare la spesa e dare battaglia all’assistenzialismo liberal in tutte le sue forme, e fra questi c’è anche lo speaker della Camera, Paul Ryan. Si parla a ragione di un compromesso, ma a ben vedere Trump non si è mai davvero presentato come l’eroe della distruzione dello stato sociale, segnalando piuttosto un’inclinazione istintiva a conservare gli strumenti che possono assistere il feticcio del “forgotten man”. L’accordo sul bilancio accenna un riposizionamento della Casa Bianca dopo che aveva dato, con la riforma delle tasse, un premio ai falchi fiscali.