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Trump ottiene il suo incontro da incorniciare: a maggio vedrà Kim Jong-un

Redazione

Un'apertura enorme e inusuale tra Corea del nord e Stati Uniti, per discutere di denuclearizzazione. Occasione storica o soltanto photo opportunity?

Donald Trump voleva il momento storico, l’incontro da incorniciare, e se davvero incontrerà Kim Jong-un avrà ottenuto il suo scopo politico e d’immagine principale. Anche se fosse soltanto una photo opportunity. Il leader della Corea del Nord ha chiesto al presidente americano un incontro per aprire i negoziati sul programma nucleare. Si tratta di una enorme e inaspettata apertura diplomatica che porterebbe allo stesso tavolo due leader che fino a pochi mesi fa si scambiavano intimidazioni a suon di test (e bottoni) nucleari, missili balistici su Hokkaido e minacce di scatenare “fuoco e fiamme”.

  

 

Ieri i più alti funzionari per la sicurezza nazionale dell'amministrazione Trump hanno incontrato una delegazione sudcoreana che ha portato a Washington il messaggio di Pyongyang. Il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, il generale H.R. McMaster si è confrontato con il consigliere per la sicurezza nazionale sudcoreano, Chung Eui-yong, e il capo dell'intelligence, Suh Hoon, che all'inizio di questa settimana avevano parlato con il leader comunista. Eui-yong ha detto ai giornalisti che Trump ha accettato di “incontrare Kim Jong-un a maggio per ottenere una denuclearizzazione permanente”.

   

Poi c’è il negoziato, e su quello non c’è all’orizzonte un quadro condiviso, non si sa cosa l’America voglia offrire in cambio della denuclearizzazione e in generale la storia è costellata di sforzi diplomatici molto più articolati che sono andati come sappiamo. Anche se Trump sprizza ottimismo su Twitter e dice che Kim ha “parlato di denuclearizzazione con i rappresentanti della Corea del Sud, non solo di congelamento” del programma, molti esperti hanno notato che la Corea del Nord non ha parlato di interrompere il programma nucleare ma solo i test missilistici. Molti osservatori restano scettici: il consigliere per la politica estera asiatica di George W. Bush e quello di Barack Obama hanno spiegato che probabilmente Pyongyang sta solo cercando di aggirare le sanzioni. Per capire cosa succede, scrive Giulia Pompili, bisogna ristudiare il 2009, quando Kim Jong-il costrinse Bill Clinton ad andare in Corea del Nord col pretesto di liberare le due giornaliste: oggi nelle galere di Pyongyang ci sono tre cittadini americani.

 

 

Da Washington rispondono che fino all'incontro, le sanzioni resteranno in piedi così come procederanno le esercitazioni militari congiunte con Seul. “Non è prevista alcuna concessione in cambio dell'apertura al dialogo”, ha avvertito un funzionario dell'amministrazione. “Non ripeteremo gli errori degli ultimi 27 anni, le sanzioni e la massima pressione devono restare ed è ciò che differenzia la politica del presidente rispetto al passato perché le precedenti amministrazioni hanno spesso fatto concessioni alla Corea del Nord in cambio di colloqui”. Ma Trump è Trump, anche la diplomazia è una sua personale emanazione che oggi c’è, domani chissà.

    

 

A fine aprile inoltre si terrà il terzo summit intercoreano della storia: un incontro sul 38° parallelo tra Kim Jong-un e il presidente sudcoreano Moon Jae-in, che riguardo all’apertura verso gli Stati Uniti ha subito parlato di “pietra miliare per la pace”. “Se il presidente Trump e il presidente Kim si incontrano, la completa denuclearizzazione della penisola coreana sarà messa sulla giusta strada sul serio”. E mentre le Borse asiatiche sono state galvanizzate dalla notizia dell'imminente incontro, con rialzi incuranti dei dazi all'import di acciaio e alluminio formalizzati da Trump, anche il governo giapponese ha accolto positivamente "il cambio di postura" di Pyongyang.

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