Si è fatto esplodere l'unabomber di Austin
Il 23enne Mark Anthony Conditt si è fatto esplodere nella sua automobile mentre era in corso un inseguimento da parte delle forze dell'ordine. Secondo la polizia è il responsabile della serie di attentati dinamitardi in Texas
A nord di Austin, lungo la strata interstatale 35, un uomo si è fatto esplodere nella sua automobile mentre era in corso un inseguimento da parte delle forze dell'ordine. Il cadavere è stato identificato: si tratta del 23enne Mark Anthony Conditt ed è sospettato della serie di attentati dinamitardi in Texas. "Non capiamo cosa lo abbia motivato a fare quello che ha fatto", ha detto il capo della polizia Brian Manley.
Tra il 2 marzo e il 20 marzo infatti cinque bombe sono esplose a Austin e dintorni (ieri un pacco è deflagrato in un deposito FedEx a Scherz, circa un'ora di macchina a sud-ovest della capitale texana, e un dipendente della ditta di trasporti che si trovava nell'impianto di smistamento è rimasto ferito in modo lieve). Le indagini stavano seguendo diverse piste, ma non avevano portato ad alcun risultato apparente.
La ricostruzione del caso del nuovo Unabomber texano
Questa mattina la svolta. La polizia di Austin ha riferito che, prima dell'inseguimento e della conseguente esplosione, un agente era stato coinvolto in una sparatoria sulla statale 35, appena a nord di Austin. Pochi istanti dopo, raccontano al New York Times alcune persone che abitano nella zona, si è sentita la deflagrazione.
Le forze dell'ordine non hanno escluso che l'attentatore abbia posizionato altri esplosivi che non sono ancora stati fatti detonare, avvisando la popolazione di prestare la massima attenzione. "Abbiamo ancora bisogno di rimanere vigili", ha detto il capo Manley, in quanto "non sappiamo dove sia stato e cosa abbia fatto nelle ultime 24 ore".
In un post su Twitter, il presidente Donald Trump ha elogiato i funzionari delle forze dell'ordine per il loro lavoro.
AUSTIN BOMBING SUSPECT IS DEAD. Great job by law enforcement and all concerned!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 21 marzo 2018
L'editoriale dell'elefantino