Che vuol dire “denuclearizzazione”?
Sul significato del termine si gioca il negoziato tra America e Corea del nord
Numerose fonti anonime, negli ultimi giorni, hanno confermato ad altrettanti media americani l’intenzione della Corea del nord di trattare sulla denuclearizzazione con l’America. Il dato è importante, perché fino a oggi tutto ciò che era stato messo sul tavolo delle trattative di questi mesi lo sapevamo per “interposto” mediatore, vale a dire la Corea del sud. E’ anche confermato che si stanno svolgendo colloqui segreti tra ufficiali americani e nordcoreani, proprio in vista del summit tra il presidente americano Donald Trump e il leader nordcoreano Kim Jong-un. Come ha detto ieri Trump, l’incontro dovrebbe tenersi “alla fine di maggio o all’inizio di giugno”, mentre il luogo è ancora tutto da definire – anche se si parla sempre più insistentemente di Ulan Bator, la capitale della Mongolia, in territorio neutro. Se da una parte l’Amministrazione Trump, grazie al messaggio diretto dei funzionari nordcoreani, può rivendicare un risultato significativo, quello che sappiamo dalle esperienze pregresse con la Corea del nord è che non sempre ci si intende sul significato della parola “denuclearizzazione”. Già in passato Pyongyang ha usato quella parola, quando alla leadership c’era il padre, Kim Jong-il, e sappiamo com’è andata. Inoltre, se la precondizione per l’abbandono del programma nucleare dovesse essere il completo disimpegno americano nella penisola coreana, è difficile immaginare un percorso più difficile. Anche ieri il New York Times scriveva che, secondo fonti qualificate, alla Casa Bianca è stato ancora fatto poco per l’organizzazione dell’incontro più atteso degli ultimi cinquant’anni. Se “denuclearizzare” significa sospendere il programma, e non smantellarlo, tra Kim e Trump potrebbe esserci un deal soltanto provvisorio. Le parole sono importanti.