Il dramma di un'Europa che invita gli ebrei a non provocare più con le kippah
Secondo un sondaggio dell’Ue, il 49 per cento degli ebrei svedesi nasconde il copricapo, come il 36 per cento di quelli di Bruxelles e il 40 per cento degli ebrei di Francia
Roma. Due anni fa, in occasione della Giornata della memoria, il Foglio distribuì ai lettori un copricapo bianco, una kippah, dopo che il leader della comunità ebraica di Marsiglia, Zvi Ammar, aveva consigliato ai suoi di non indossarla più perché “troppo pericoloso”. Da allora, lo zucchetto simbolo dell’ebraismo è scomparso da molte città d’Europa.
Ieri, il vicesindaco di Tolosa e unico ebreo del Consiglio comunale, Aviv Zonabend, ha detto che tutti gli ebrei europei dovrebbero celare la kippah e che “il futuro del popolo ebraico in Europa è senza speranza”. Dopo che il leader degli ebrei tedeschi, Josef Schuster, ha consigliato di non indossare più la kippah in Germania, Zonabend ha detto: “Solo in Germania? Dobbiamo toglierla in tutta Europa”. Sta già succedendo. Secondo un sondaggio dell’Unione europea, il 49 per cento degli ebrei svedesi nasconde la kippah, come il 36 per cento di quelli di Bruxelles e il 40 per cento degli ebrei di Francia. “Bisogna farlo per preservare la santità della vita”, ha detto Prosper Abenaim, l’unico rabbino di La Courneuve, un quartiere pesantemente islamizzato di Parigi. E consiglia ai fedeli di fare lo stesso “o di emigrare in Israele”. Philippe Karsenty, un politico di Neuilly-sur-Seine, ha diffidato i parenti dall’indossare la stella di David: “Nulla di buono vi verrà se la indossate”. Pochi giorni fa a un dipendente della Casa di Anna Frank ad Amsterdam, Barry Vingerling, è stato impedito di portare la kippah. “Lavoro nella casa di Anna Frank, che ha dovuto nascondersi a causa della propria identità e in quella stessa casa io dovrei nascondere la mia identità?” ha risposto Vingerling. Il canale televisivo Joodse Omroep ha mandato cameraman vestiti da ebrei ortodossi per le strade olandesi. Il servizio mostra giovani musulmani che inneggiano a Hitler e cercano di aggredire gli ebrei. I diplomatici israeliani hanno rivolto questo appello in Danimarca: “Non indossate i simboli della fede”.
Lo stesso ha fatto la scuola ebraica Caroline di Copenaghen. E le comunità di Finlandia e Norvegia hanno adottato “l’invisibilità” per vivere più sicuri. “La solidarietà a Israele e la lotta contro l’antisemitismo è soltanto sulla carta”, ha scritto questa settimana sulla Welt Mathias Döpfner, l’amministratore delegato del gigante Axel Springer. “Nel ricordo siamo giganti, nell’azione siamo nani. Una lobby chiama al boicottaggio di Israele e nessuno si scandalizza nel paese che 75 anni fa scrisse sui muri ‘non comprate dagli ebrei’”. Poi Döpfner si lancia in una premonizione senza precedenti. In passato avrebbe giurato che, nel caso in cui Israele fosse finito sotto attacco, la Germania avrebbe fatto la sua parte a difesa del popolo ebraico. “Oggi direi: ‘Non fate affidamento su di noi’”.
Poche ore dopo, a Neukölln, il quartiere dei giovani e degli immigrati di Berlino, alcuni manifestanti hanno esposto una bandiera israeliana nella piazza per la giornata di solidarietà con la comunità ebraica. Un “segno di pace e tolleranza”. Un minuto dopo, un gruppo di giovani ha strappato via la bandiera di Israele. Altri hanno gridato loro “terroristi”. Una donna ha elogiato l’attacco pochi giorni prima contro un ragazzo israeliano che portava la kippah: “Quello che è successo a Prenzlauer Berg è fantastico”. Una settimana fa, la stessa scena della piazza di Neukölln è stata filmata nella Striscia di Gaza al confine con Israele, dove si sono bruciate le bandiere israeliane. E dove, come in molte zone del vecchio continente, sarebbe da suicidi andare in giro con la kippah.