No, l'Europa non è morta un'altra volta
Il presidente francese riceve il premio Charlemagne nella città simbolo di Aquisgrana e ricorda a tutti che la rifondazione non può essere affossata
Emmanuel Macron non perde occasione per costruire quel sentimento europeo che va e viene e si perde in un attimo. Ad Aquisgrana, antica capitale carolingia, prendendo il premio Charlemagne, che nella tradizione comunitaria è simbolo di unità e visione, il presidente francese ha ribadito il suo appello contro i sonnambuli – “svegliatevi!” –, ha segnalato come la Brexit e, ahinoi, il voto italiano siano la dimostrazione della “tentazione” sempre presente di assecondare nazionalismi e populismi, e ha denunciato il comportamento americano su quel deal atomico cui Macron tiene molto inoltrandosi nel terreno sempre un po' controverso del sovranismo – “se altre potenze per quanto alleate decidono per noi, allora non siamo più sovrani”. Soprattutto Macron ci ha ricordato, ancora una volta, l'urgenza di mostrare, valorizzare quel che unisce gli europei, piuttosto che parlare sempre di divisioni e fratture.
Il presidente francese si è intestato la battaglia valoriale europea, Angela Merkel che gli ha consegnato il premio ne pare contenta: lei è donna di calcolo e di pragmatismo, la retorica la lascia al collega francese. Ma i giornali raccontano che anche tra Macron e Merkel, motori dell'Europa liberale, ci sono divergenze insanabili, un “divorzio” ormai in atto, dopo che ci siamo sdilinquiti sulla luna di miele franco-tedesca. E il voto italiano – ora con il governo delle convergenze populiste – costituisce un ulteriore ostacolo a una road map che è già accidentata dalla lungaggine della formazione dell'esecutivo della Merkel: la fiducia è il collante europeo, e se l'Italia diventa inaffidabile, lo sforzo unitario si indebolisce, forse addirittura si ferma.
Però l'Europa non è finita un'altra volta: il vertice di giugno che avrebbe dovuto essere il coronamento di un processo di riforma comune non sarà scintillante come ci si aspettava, e molti dei dossier saranno rimandati (quello della riforma di Dublino che ci riguarda moltissimo in particolare, e a causa nostra), ma la rifondazione, come la chiama Macron, non può essere affossata. Perché l'Europa così com'è non può sopravvivere, e lo sa benissimo il presidente francese: il cantiere che ora procede a rilento dovrà invece diventare dinamico. Macron ci sprona, e la Brexit è il testimonial perfetto di quanto sia complicato poi vivere da soli, molto meglio sistemare la casa comune.