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La finta neutralità di Facebook e Google sull'aborto in Irlanda

Redazione

Il referendum sull'ottavo emendamento non sarà come la Brexit o l'elezione di Trump: le compagnie tech questa volta scelgono il silenzio (con effetti simili alla censura)

Ora che la campagna per il referendum sull'ottavo emendamento in Irlanda è entrata nel vivo, a circa due settimane dal voto sull'aborto che si terrà il 25 maggio, Facebook e Google hanno deciso di sperimentare una mossa inedita per non interferire nel dibattito pubblico ed evitare di essere accusati di manipolare le informazioni. Google ha fatto sapere ieri di aver eliminato tutti i tipi di inserzione che riguardano il tema oggetto di referendum dai risultati di ricerca e da YouTube, "seguendo gli sforzi globali per mantenere un atteggiamento di integrità nei processi elettorali". Una decisione che arriva 24 ore dopo la presa di posizione di Facebook, che ha invece deciso di rifiutare di pubblicare contenuti sull'ottavo emendamento che non provengano dall'Irlanda, anche se si tratta di inserzioni a pagamento.

  

Il messaggio è chiaro: dopo le accuse di interferenza durante le elezioni presidenziali americane e la Brexit, dopo il caso Cambridge Analytica e le cicliche accuse sulla diffusione di fake news, Facebook e Google vogliono dare prova di restare neutrali e per prevenire di essere ritenuti responsabili di fronte a ogni possibile risultato referendario, scelgono di restarne fuori. Implicitamente c'è una sorta di ammissione di incapacità nel riuscire a controllare i flussi di informazioni – meglio bloccare tutto che cercare di selezionare le fake news – ma il caso specifico è diverso dai precedenti e in Irlanda ci si chiede perché le due compagnie tech abbiano deciso di esercitarsi proprio in questa occasione sulla gestione dei dibattiti democratici. La scelta di Facebook e Google, infatti, a dispetto delle intenzioni di neutralità, sembra comunque generare un'alterazione della campagna referendaria, portando con sé conseguenze di cui molti osservatori si chiedono se i due siano consapevoli. 

  

Come scrivevamo su queste colonne, il dibattito nazionale sul voto di maggio non si sviluppa tanto intorno a marce e sit-in con croci e rosari, come succedeva la prima volta che il paese è stato chiamato a votare per introdurre lo stesso emendamento di cui oggi si chiede l'abrogazione, nel 1983, quanto su internet. E su internet si gioca soprattutto la partita degli antiabortisti. John McGuirk, portavoce della campagna Save the Eighth, ha duramente criticato la decisione di Google e Facebook in una conferenza stampa congiunta con altri sostenitori del "no" e non è l'unico ad aver notato la disparità celata dietro alla presa di posizione dei due. Gli antiabortisti – scrive l'Irish Times – stanno affidando molto della loro campagna al web e puntavano su queste ultime due settimane per intensificare i propri messaggi nel tentativo di convincere gli indecisi.

 

Al momento nell'opinione pubblica la posizione più popolare sembra quella che sostiene il "sì" e vuole quindi abrogare l'ottavo emendamento rendendo l'aborto legale. I suoi sostenitori hanno accolto con favore gli annunci di Facebook e Google e anzi un portavoce del principale partito di opposizione, il repubblicano Fianna Fáil, ha accusato i due di aver agito "fin troppo tardi". La domanda che ora in molti si pongono è "perché lo hanno fatto?" e senza delle motivazioni esaustive da parte di Facebook e Google difficilmente il dubbio sulla loro finta imparzialità si placherà.  

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