Orbán dice: “Stop Soros”
La ong del magnate lascia l’Ungheria (e va a Berlino) a causa delle restrizioni
L’Ungheria di Orbán ha vari nemici, ma un’unica causa di tutti i mali. Questa causa ha un nome, un cognome e delle fattezze precise. Si chiama George Soros ed è un miliardario naturalizzato americano ma di origini ebraiche ungheresi. Il primo ministro Viktor Orbán ha costruito contro di lui buona parte della sua carriera politica, facendo di Soros il bersaglio di anni di politiche antidemocratiche. Ora sempre contro di lui il Parlamento di Budapest sta per varare una legge che addirittura porta il suo nome, la cosiddetta “Stop Soros”. Il provvedimento intende colpire le ong del paese, colpevoli, secondo il governo, di favorire l’invasione dell’Ungheria da parte dei migranti musulmani. Anche Soros ha una ong, la Open Society, che chiuderà il suo ufficio a Budapest per trasferirsi a Berlino a causa della situazione che, in un comunicato, definisce “sempre più repressiva”.
La “Stop Soros” sottopone le organizzazioni non governative a pressioni dei servizi di sicurezza e all’obbligo di pagare una tassa pari al 25 per cento sui finanziamenti esteri. George Soros viene accusato di essere tornato dagli Stati Uniti per islamizzare e scristianizzare l’Europa agevolando, grazie alla sua ong, l’invasione dei migranti. Contro di lui Orbán ha basato gran parte della sua campagna elettorale, cartelloni con il volto del magnate progressista con la scritta: “Non lasciare a Soros l’ultima risata”, lettere recapitate agli elettori per metterli in guardia sulle reali intenzioni dell’attivista, che in Ungheria finanzia anche un’università. Un linciaggio mediatico venato di antisemitismo. Dopo anni di pressioni e intimidazioni, il regime di Orbán ha vinto: la ong di Soros lascia l’Ungheria, dove la democrazia lascia sempre più il posto all’illiberalismo.