Caro Vladimir
Putin e Macron si intendono sulla Siria, meno sull’Iran. La strategia del vuoto
La diplomazia è un valzer, le buone maniere si alternano a gare di braccio di ferro, si sta composti e si controllano le reazioni. Vladimir Putin vuole condurre questa danza, ora che anche l’Europa si sente un po’ tradita dall’America di Trump, il “dealbreaker” che spezza accordi e minaccia dazi. Emmanuel Macron, in visita a San Pietroburgo, ha dimostrato di comprendere il senso del ritmo del capo del Cremlino: il presidente francese dice “Caro Vladimir” mentre cerca di fare da punto di equilibrio tra est e ovest, mantiene buone relazioni, non perde di vista l’obiettivo, che ha a che fare con gli interessi francesi e con quelli europei. Il capo dell’Eliseo ha invitato gli imprenditori francesi a investire in Russia – impensabile fino a qualche mese fa – non ha parlato del caso Skripal, non ha fatto allusioni all’uso di armi chimiche in Siria, si è concesso qualche accenno ai cyber attacchi. In Siria, Russia e Francia non cercano “un cambio di regime – ha detto Macron – vogliamo lottare contro il terrorismo”. Putin ha intanto recepito la richiesta di Israele, recapitata dal premier Netanyahu un paio di settimane fa – la Siria non deve diventare una piattaforma di lancio delle Guardie della rivoluzione iraniane – e anche su questo imposta “il futuro della regione” che sta a cuore a Macron. Sul deal iraniano con tutta probabilità non cambierà molto: Parigi vorrebbe un potenziamento ma Putin è cauto. “Non dobbiamo collegare queste tre componenti alla sopravvivenza del deal”, ha detto, che significa tenere in piedi l’accordo, anche senza gli americani. Che è un po’ la strategia complessiva della Russia: approfittare del vuoto, facendo leva su a chi ha bisogno di equilibrio, finché serve.