La lezione antisovranista della Grecia
La Troika lascia Atene. Tsipras può spiegare qualcosa ai piccoli Varoufakis italiani
L’attuale stato confusionario dell’Europa politica impedisce di festeggiare come si deve l’uscita della Troika dalla Grecia, dopo Irlanda, Portogallo e Spagna. Bce, Commissione europea e Fondo monetario lasceranno Atene il 20 agosto in base all’accordo dell’Eurogruppo: altri 15 miliardi di prestiti per dar modo al Tesoro ellenico di formare una riserva di 24 miliardi e non ricorrere per 22 mesi al mercato, e l’allungamento al 2032 di 110 miliardi di scadenze. I greci resteranno sorvegliati speciali, e a differenza di irlandesi, portoghesi e spagnoli e (fuori dall’Ue) islandesi, porteranno a lungo le cicatrici.
L’ex ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, indimenticabile per l’arrivo motocicletta e chiodo ai vertici internazionali e nei salotti chic, è tornato a sentenziare citando Tacito: “Hanno fatto un deserto e lo chiamano pace”. Fosse stato per lui, che pure votò No al referendum del 5 luglio 2015 con il quale il 61 per cento dei greci chiese in sostanza l’uscita dall’euro, e che il giorno dopo assieme all’esito della consultazione fu accantonato dal suo premier Alexis Tsipras, ci sarebbe solo il deserto senza neppure la pace. La sua uscita segnò la svolta pragmatica di Tsipras – che alle europee 2014 l’intellighenzia italiana con l’omonima lista aveva eletto a eroe anticapitalista – e l’abbandono di un programma che prevedeva: l’emissione di Iou (I owe you), titoli di debito interni; taglio dei debiti con la Bce; costituzione di una Banca di Grecia sovrana.
Ricorda nulla? Ma sì: Minibot, non rimborso dei Btp e statalizzazione di Bankitalia, sono le idee di M5s e Lega, alcune finite nella famosa bozza di “contratto del cambiamento”. E se all’Economia è approdato il convinto europeista Giovanni Tria, piccoli Varoufakis come Claudio Borghi (autore del saggio “Basta euro”, postfazione di Matteo Salvini) e Alberto Bagnai (autore del saggio “Il tramonto dell’euro”) approdano alle presidenze delle commissioni Bilancio di Camera e Senato, e i mercati e gli investitori lo segnalano. Le differenze tra Grecia 2009 e Italia 2018 sono enormi, a cominciare dal tessuto produttivo privato. Ma ci accomunano il debito pubblico e il virus sovranista, cioè il vizio di attribuire agli altri le nostre colpe. A luglio una missione del Fmi arriverà a Roma per verificare le reali intenzioni del governo. Per adesso è solo una coincidenza.