Anche Boris Johnson si dimette per il piano soft di Theresa May sulla Brexit
Il ministro degli Esteri rimette il proprio mandato. E' il terzo membro dell'esecutivo a voltare le spalle alla premier in 24 ore. E ora si rischia un voto di sfiducia
Il ministro degli Esteri britannico Boris Johnson si è dimesso in polemica con il primo ministro Theresa May e il suo piano soft per la Brexit. E' il terzo membro dell'esecutivo ad avere rimesso il proprio mandato nel giro di 24 ore, dopo le dimissioni del ministro per la Brexit, David Davis, e del suo vice, Steve Baker. Il presidente dell'Ue, Donald Tusk, ha commentato la fuga dall'esecutivo britannico, lasciando intendere che il futuro dei negoziati per il divorzio tra Londra e Bruxelles potrebbe essere rimesso in discussione. "I politici vanno e vengono ma i problemi che hanno creato alle persone restano" – ha scritto Tusk – Mi dispiace solo che l'idea di Brexit non sia scomparsa insieme a Davis e Johnson. Ma chissà...".
Politicians come and go but the problems they have created for people remain. I can only regret that the idea of #Brexit has not left with Davis and Johnson. But...who knows?
— Donald Tusk (@eucopresident) 9 luglio 2018
Johnson oggi ha tenuto diversi colloqui con altri membri del governo e con i suoi consiglieri, nel tentativo di trovare un compromesso che però, alla fine, non è stato trovato. "Questo pomeriggio, il primo ministro ha accettato le dimissioni di Boris Johnson dalla carica di ministro degli Esteri. Il suo sostituto sarà comunicato a breve. Il primo ministro ringrazia Boris per il lavoro svolto finora", ha detto un portavoce del governo. Secondo la stampa britannica, Johnson ha definito i tentativi di May di ottenere sostegno per il suo piano Brexit come un "tentativo di cavare sangue da una rapa". Punto cruciale di disaccordo è l'intenzione del primo ministro di creare una zona di libero commercio con regole comuni a Unione europea e Regno Unito. Una soluzione che, come ha detto Davis, "cede parti notevoli della nostra economia all'Ue e di certo non ci restituisce il controllo pieno delle nostre leggi".
Il governo May perde così una delle voci più forti della campagna per il Leave. Ma soprattutto, ora il primo ministro rischia di affrontare un voto di sfiducia in Parlamento. E in molti a Londra sarebbero pronti a sostenere Johnson per sfidare May in caso di nuove elezioni.