Il presidente ricattabile
Per trovare kompromat su Trump non serve Putin, basta il suo avvocato
Michael Corleone diceva di tenersi gli amici vicini ma i nemici ancora più vicini. Donald Trump, che pure dal Padrino un paio di lezioni le ha imparate, ha spesso pasticciato con la legge della lontananza e vicinanza di amici e nemici, e ha creduto di poter organizzare la gestione del potere attorno a una strettissima cerchia di alleati di indubitabile fedeltà. Uno di questi era Michael Cohen, il suo avvocato personale, quello a cui poteva affidare il lavoro sporco, ad esempio pagare modelle e pornostar attraverso un’azienda intestata a lui perché tenessero la bocca chiusa sulle relazioni con il tycoon. Oggi si è scoperto però quello che già si sospettava: il fedelissimo Cohen non era poi tanto fedele.
Nel 2016, prima delle elezioni, l’avvocato ha registrato una conversazione con Trump a proposito di un pagamento a Karen McDougal, modella di Playboy che sostiene di avere avuto una relazione con Trump nel 2006 poco dopo la nascita del figlio Barron. L’Fbi ha recuperato il nastro negli uffici di Cohen, e per quanto Rudy Giuliani dica che non c’è niente da vedere in questa storia, affiora più che un sospetto che il presidente sia ricattabile, e che almeno uno dei ricattatori sia lo sgherro che per anni è stato un fedele servitore della famiglia Trump. Che Cohen sia pronto a collaborare con i federali è più di un’ipotesi. Quando il presidente a Helsinki ha capitolato di fronte a Vladimir Putin, è riemerso il tema del kompromat, il materiale compromettente con cui il Cremlino potrebbe ricattare il presidente americano. Ma per trovare kompromat non serve andare a scavare nelle trame spionistiche dei nemici: basta rivolgersi agli amici.