L'attacco a Londra è il culmine di un anno terribile di terrorismo nel Regno Unito
"La minaccia non è andata via, anzi, solo che sono aumentati gli arresti e la capacità di sventare attentati piccoli", dice Raffaello Pantucci
Londra. E’ uno strano momento per fare un attacco terroristico, le 7,37 di un mattino di metà agosto. Con una Ford Fiesta comprata due mesi fa, andando contromano addosso ai ciclisti che sfrecciavano davanti a un Parlamento vuoto per la pausa estiva, l’azione del presunto attentatore – ventenne nero, giubbotto nero, pare proveniente dalla zona di Birmingham, cittadino britannico noto alla polizia ma non all’antiterrorismo – riporta inevitabilmente alle gesta nefaste del lupo solitario Khalid Masood, simpatie radicali e nessuna affiliazione ufficiale, che nel marzo del 2017 ha ucciso cinque persone sul ponte e ha accoltellato a morte una guardia, inaugurando una serie nera di attentati che ha insanguinato il Regno Unito per tutto l’anno passato. Di vittime non ce ne sono, solo una donna rimane in ospedale per una frattura all’anca, ma il gesto dell’uomo, che forse puntava ai poliziotti e sui cui motivi non trapela nulla, ha interrotto quel senso di tregua che ha permesso che i britannici, dopo aver visto adolescenti uccise in un concerto pop a Manchester e giovani sgozzati mentre si facevano un drink a London Bridge, si distraessero dedicandosi anima e corpo al dibattito sulla Brexit trascurando gli accorati appelli dei servizi segreti a mantenere il massimo della cooperazione con l’Ue, a non tagliare i fili di un rapporto vitale per la sicurezza del paese.
“Il 2017 è stato particolarmente preoccupante, ma la minaccia terroristica non è andata via, anzi, solo che sono aumentati gli arresti e la capacità di sventare attentati piccoli, in cui il lupo solitario è la regola, non più l’eccezione”, spiega al Foglio Raffaello Pantucci, direttore degli studi sulla sicurezza internazionale all’Istituto reale per la difesa, Rusi. “Si fanno arresti con poche prove, non si aspetta più che qualcuno compri una bomba, sono spesso casi difficili da difendere in tribunale ma i risultati di questo cambio di strategia, che non trascura l’altro tipo di plot più complesso e spesso internazionale, si sono visti”, prosegue l’esperto, secondo cui un atto come quello a Londra contiene necessariamente un “messaggio politico” di qualche tipo, anche se nei mesi passati ci sono stati casi in cui dietro a un’auto finita sui passanti c’era solo un conducente incapace.
Sempre davanti a Westminster ad aprile 2017 fu arrestato un uomo con uno zaino pieno di coltelli, con un’azione spettacolare in pieno giorno con cui l’antiterrorismo aveva voluto lanciare un messaggio chiaro: la zona è sotto controllo. La reazione è stata vigorosa e immediata, con duecento agenti volati sul posto, come sottolineato da Theresa May dalla sua villeggiatura svizzera, mentre Donald Trump ha subito diagnosticato via Twitter: “Un altro attentato terroristico a Londra” – il sindaco Sadiq Khan è uno dei suoi bersagli polemici preferiti – “questi animali sono pazzi e devono essere affrontati attraverso la durezza e la forza”. Per ora l’uomo con il giubbotto nero non parla, si rifiuta di cooperare, e questo non permette ancora di fare ipotesi.
I discorsi irresponsabili sono ormai all’ordine del giorno e nessuno sembra aver remore nel gettare benzina sul fuoco come l’ex ministro degli Esteri Boris Johnson e i suoi commenti sul velo integrale e un Labour incapace di parlare chiaro contro l’antisemitismo. “In un clima così è più facile che qualcuno si infervori”, osserva. Secondo Europol, il Regno Unito è il paese in cui nell’ultimo anno sono stati sventati più attentati, ben 107. Di questi, 88 sono legati al nodo irlandese. Come se la cosa fosse rassicurante, visto che quel focolaio, che ha insanguinato il paese per decenni, viene costantemente preso alla leggera dai fautori della Brexit a ogni costo. Quello che ogni londinese di una certa età ti dice – ci siamo abituati, avevamo l’IRA – è il materiale infiammabile con cui si gioca oggi. “Succedono cose spaventose, lì la guerra non è finita per niente, solo che gli episodi sono locali”, conclude Pantucci. “La capacità di non pesare alle conseguenze delle azioni politiche non è mai stata così bassa, su tutti i fronti”.