Ma quale decisionismo cinese
Le attività burocratiche del Partito comunista fanno perdere miliardi alle aziende
Tencent è una delle aziende digitali più grandi del mondo. Possiede WeChat, ha un fiorente business di videogiochi, è una superpotenza nell’intelligenza artificiale, nei sistemi di pagamento digitali e altri settori. E’ uno dei campioni dell’internet cinese, portato a esempio dagli analisti e dagli investitori come prova del fatto che l’autoritarismo del Partito comunista cinese non è un ostacolo agli affari, anzi: il decisionismo autoritario elimina i lacciuoli burocratici e favorisce lo sviluppo. Tuttavia, mercoledì Tencent ha presentato una trimestrale molto negativa, con i profitti in calo per la prima volta in 13 anni, e nell’ultima settimana l’azienda ha perso più di 50 miliardi di dollari di valore di mercato (e 170 miliardi dall’inizio dell’anno). La ragione? L’indecisionismo autoritario del Partito comunista. In questi giorni è in corso nella località di Beidaihe l’annuale riunione di fine estate dei notabili comunisti, un evento a porte chiuse in cui sono prese decisioni importanti sulla politica della Cina, la composizione del governo e delle alte cariche del Partito. La riunione di quest’anno è burrascosa, e per evitare fastidi i burocrati comunisti hanno bloccato molte attività economiche potenzialmente sensibili, compresi alcuni piani di espansione di Tencent nel mercato dei videogiochi – per questa decisione l’azienda ha perso decine di miliardi di dollari. Non è un’ipotesi dei giornalisti occidentali: lo stesso presidente di Tencent, Martin Lau, ha detto che l’evento di Beidaihe sta “avendo effetti su tutta l’industria”. Il caso di Tencent è relativamente isolato, ma preoccupante: con il Partito comunista che aumenta il suo controllo sulle attività produttive, potrebbe diventare infine evidente a tutti che autoritarismo e autentico sviluppo economico sono incompatibili l’uno con l’altro.