Persone oltre i deal
Le famiglie divise dalla Guerra di Corea si incontrano, un altro successo di Seul
Quella degli armamenti nordcoreani è di certo la questione più discussa quando si parla delle minacce di Pyongyang contro il resto del mondo. Spesso, però, nelle chiacchiere da bar si dimenticano questioni dirimenti, che determinano il dibattito pubblico specialmente in Asia orientale. Ieri il New York Times scriveva che i colloqui sul nucleare iniziati dal supermediatico incontro tra il presidente Donald Trump e il leader nordcoreano Kim Jong-un a Singapore sono a uno stallo, America e Corea del nord non sono d’accordo praticamente su nulla quando si tratta di denuclearizzazione. Kim invece ha portato avanti la sua strategia: ora che è una potenza nucleare, sta puntando tutto sullo sviluppo economico.
Ma per farlo, ha bisogno dell’allentamento delle sanzioni e dell’appoggio, anche esterno, di alcuni paesi. Ed ecco allora che l’operazione simpatia promossa nei confronti della Corea del sud ha avuto il suo momento massimo ieri, quando dopo tre anni di dinieghi Pyongyang ha concesso i ricongiungimenti familiari. I primi ottantanove anziani sudcoreani hanno potuto incontrarsi per due ore con circa 180 membri delle famiglie divise dalla guerra del 1950-53. Madri che riabbracciano figli, mariti che rivedono mogli, separati da più di settant’anni, forse per l’ultima volta. Ogni volta che la Corea del nord autorizza un incontro tra le famiglie separate, l’evento diventa carico di significati: è chiaro, soprattutto allora, che cosa significa una divisione militarizzata e imposta, anacronistica, che il governo di Seul è impegnato a ridurre il più possibile. Che si tratti o no sulla denuclearizzazione, è importante tenere a mente il ricatto umano tenuto in piedi dai Kim fino a oggi.
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