Viktor Orban (foto LaPresse)

Le Cinque giornate di Orbán

Redazione

La presa simbolica di Milano, città europea, da parte dei due leader sovranisti

Durerà solo un paio d’ore, non cinque giornate, la discesa dell’Ungherese a Milano, dove sarà accolto come un Alleato (o Liberatore) dal capo di un partito che un tempo fu indipendentista, ma non stupidamente anti europeista. Ma la visita del vittorioso (per ora a casa sua) premier che ha l’Europa “in gran dispitto”, Viktor Orbán, ha il sapore più che simbolico di un’annessione a una causa – o a un territorio, quello di Visegrád. Annessione sancita però non a Roma, ma nella città più europea d’Italia, Milano, che assiste imbronciata e impotente allo sfregio come al ritorno degli austriaci, nell’agosto di 170 anni fa. La città più europea, la più attrezzata a sapere quanto il rapporto con l’Unione sia vitale, per sé e per il resto del paese. Il capoluogo della Lombardia, in cui è cresciuto un partito autonomista e che sognava “l’Europa dei popoli”, ma che è sempre nei suoi politici migliori – basterebbe l’ex governatore e ministro dell’Interno Roberto Maroni – stato consapevole che la frontiera aperta con l’Europa è un caposaldo necessario anche della libertà italiana, e lombarda. Matteo Salvini ha scelto di incontrare il suo idolo politico Orbán, questo pomeriggio, nella sede della prefettura di Milano. Sempre più in difficoltà nell’arginare le iniziative dell’esuberante partner di governo, i capigruppo parlamentari del M5s hanno cercato di circoscrivere la portata dell’evento, che a loro dire “va considerato come un incontro solo ed esclusivamente politico e non, dunque, istituzionale o governativo”.

 

Ma se fosse soltanto politico, perché in prefettura, la “casa” istituzionale del ministro dell’Interno? Salvini ha optato per la prefettura – anziché per Via Bellerio, o il Radetzky Café – non soltanto perché, nella sua confusione istituzionale, fatica a cogliere la differenza fra politico e governativo. Ma soprattutto perché considera questo incontro un atto di governo. Ritiene che incontrare il capo di una nazione sovranista e leader di un partito membro del Ppe, ma che ha nei propri obiettivi la disarticolazione dell’Unione e la messa in mora politica del Ppe alle prossime europee, sia un passo verso un’alleanza tra nazioni e governi. Un “progetto” alleanza che si fonderebbe proprio sullo snaturamento del paradigma europeo. Incontrare Orbán (un leader che le sue frontiere le vuole chiuse, e tanti saluti alle coste italiane, ma questo il ministro dell’Interno finge di ignorarlo) nei giorni di massima criticità con l’Europa sul tema dei migranti è una mossa politica ancora più esplicita e una forzatura di linea governativa ancora più stridente. Nella Milano europea, il Pd e qualche associazione europeista se ne sono accorti, e martedì protesteranno in piazza. Ma, per come vanno le cose nell’opinione pubblica, forse anche a Milano, sarà un po’ come portare gli arancini sul molo della Diciotti.

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