Trumpismi in Pakistan
Tagliati gli aiuti militari, ci vuole un pizzico di bullismo contro i subdoli
Il Pentagono annuncia che taglierà di trecento milioni di dollari gli aiuti militari per il Pakistan. Erano fondi congelati già da mesi, con la clausola che la Difesa avrebbe potuto decidere di darli di nuovo al Pakistan se avesse visto progressi incoraggianti e più collaborazione durante l’estate. Invece i progressi non ci sono stati: il paese continua nella sua politica duplice, alla luce del sole è contro il terrorismo ma poi sottobanco aiuta e sostiene un assortimento di gruppi fanatici che fanno la guerra in Afghanistan. Per i pachistani quei gruppi sono un asset, perché permettono di fare una politica estera spregiudicata – per esempio aggredire l’India, oppure ricattare il governo dell’Afghanistan. Ma quei gruppi covano le stesse nidiate che poi diventano talebani, al Qaida e da tre anni pure Stato islamico.
Se si pensa che l’America è impegnata in combattimenti in quell’area dall’ottobre 2001 e che il comportamento subdolo del Pakistan è una delle cause che alimentano questo ciclo eterno di guerra è chiaro che la questione va risolta. Tagliare i fondi al Pakistan sembra uno di quei casi di trumpismo in cui tutti gli esperti sospettano che sia una mossa molto giusta e che richiedesse soltanto un tocco di pazzia per essere presa. Non a caso arriva poco prima della visita del segretario di stato, Mike Pompeo, al nuovo primo minisitro pachistano Imran Khan, che dell’antiamericanismo strafottente ha fatto una cifra della campagna elettorale. Lasciare il Pakistan da solo non si può, perché ha le armi nucleari, ma non si può nemmeno premiare la continua fregatura che rifila all’occidente.