Un fine settimana in Svezia
Domani si vota, i populisti (neonazisti) hanno rubato la scena. Ma c’è altro
Domani la Svezia va al voto, le elezioni più importanti da anni, dicono gli analisti, un altro test europeo per comprendere l’ascesa dei movimenti più estremi, populisti e xenofobi, nel nostro continente. Il partito dei Democratici svedesi, che ha origini neonaziste anche se il suo leader, Jimmie Akesson, ha espulso nel tempo i membri impresentabili, è dato al 20 per cento, una progressione storica che assomiglia a quella che è avvenuta in tutto il nord scandinavo. Con una differenza: se in Danimarca, Norvegia e Finlandia i populisti sono interlocutori anche di governo, i Democratici svedesi sono considerati inconciliabili con le politiche della destra tradizionale, i Moderati, che ha escluso ogni alleanza (per ora). La lotta è tutta a destra: i Moderati si giocano il secondo posto con i Democratici svedesi, i valori oscillano a ogni sondaggio. Il primo partito dovrebbe essere quello socialdemocratico che, con una media di 23-24 punti percentuali di consenso, potrebbe registrare il risultato peggiore di sempre. A insidiarlo c’è non soltanto lo scivolamento a destra, ma anche una Sinistra radicale molto agguerrita. Come già accaduto in altri paesi europei, e come accade a livello complessivo anche nel Partito popolare europeo, i Democratici svedesi potrebbero reclamare non soltanto il posto dettato dal voto, ma anche il dominio sul dibattito nazionale, che nonostante i problemi reali siano le case, la sanità e le scuole, si è concentrato sull’immigrazione. Coinvolgere o escludere? È la domanda che ci facciamo in tutto l’occidente, romanizzare i barbari o creare un muro, come si dice. Anche se alla vigilia è lecito accontentarsi di un governo di minoranza, con il partito di sinistra o di destra, e poi ai neonazisti ci si pensa.