Hans-Georg Maassen (foto LaPresse)

Merkel licenzia il capo dell'intelligence troppo amico dell'estrema destra

Redazione

Hans-Georg Maassen era stato accusato di aver incontrato più volte l'ex leader di AfD, Frauke Petry. E a fine agosto, nonostante i video, aveva negato i raid anti-migranti di Chemnitz

Hans-Georg Maassen, presidente dell’Ufficio per la protezione della Costituzione (BfV), il servizio d’intelligence domestico della Germania, è stato rimosso dal suo incarico dopo essere stato accusato di connivenza con idee di estrema destra.

La decisione di licenziarlo è stata presa dopo un incontro a tre a Berlino tra la cancelliera Angela Merkel, il ministro dell’Interno Horst Seehofer e la leader del partito socialdemocratico Andrea Nahles, che è partner del governo di Grande coalizione.

 

Le polemiche su Maassen sono cominciate alla fine di luglio, quando l’autrice di un libro inchiesta intitolato “Inside AfD” ha accusato il capo dei servizi di aver incontrato più volte Frauke Petry, al tempo leader del partito di estrema destra AfD. In quei giorni Björn Höcke, uno dei politici più in vista dentro ad AfD, aveva definito il monumento dell’Olocausto di Berlino come un “monumento alla vergogna”. Maassen avrebbe consigliato Petry su come gestire politicamente la questione ed evitare un’indagine da parte della sua stessa agenzia. Maassen ha sempre smentito le accuse, parlando di incontri istituzionali di routine.

 

A fine agosto, dopo lo scoppio delle proteste anti immigrati a Chemnitz Maassen è entrato in polemica diretta con la cancelliera. Merkel aveva infatti condannato i raid dell’estrema destra nella cittadina della Sassonia, in cui gli skinhead avevano inseguito e assalito i migranti che trovavano per strada: “Abbiamo video che mostrano che ci sono state aggressioni mirate, che ci sono stati tumulti, che c’è stato odio nelle strade, e questo non ha posto in uno stato di diritto”, aveva detto. I video erano stati confermati come autentici dagli esperti, ma Maassen, con stupore di tutti, all’inizio di settembre ha contraddetto il suo stesso governo in un’intervista alla Bild in cui ha detto che non c’erano prove dell’autenticità del materiale.

 

Infine, pochi giorni fa, il 13 di settembre, il parlamentare dell’AfD Stephan Brandner ha detto ai media che Maasser gli aveva fatto avere informazioni sul report annuale dell’agenzia d’intelligence prima della sua pubblicazione.

Da settimane i giornali tedeschi dicono che la Merkel vuole licenziare Maassen, ma è stata fermata da Seehofer, capo della Csu, che deve affrontare elezioni in Baviera in autunno e sta attuando una politica di appeasement con la destra, anche estrema. Mentre i socialdemocratici chiedevano le dimissioni di Maassen, per giorni Seehofer ha difeso il capo dei servizi.

 

Alla fine, i tre partner di governo hanno trovato un compromesso per salvare la faccia: Maassen non avrà più alcun ruolo nell’intelligence, ma rimarrà come segretario di stato al ministero dell’Interno, evitando così la cacciata dal servizio pubblico.

I servizi d’intelligence interni tedeschi hanno una lunga storia di promiscuità con la destra estrema: il predecessore di Maassen era stato rimosso sei anni fa dopo che si scoprì che la sua agenzia aveva distrutto documenti legati a una serie di attacchi terroristici dell’estrema destra contro gli immigrati.

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