Il compromesso letale di Pedro Sánchez
Si è messo in società con estremisti e secessionisti che vogliono farlo cadere
Quim Torra, governatore della Catalogna di fede indipendentista, non ha fama di grande stratega. In questi mesi in cui è succeduto a Carles Puigdemont, deus ex machina del movimento secessionista catalano, si è fatto notare più che altro per l’improvvisazione, come quando, pochi giorni fa, mentre le proteste per l’anniversario del referendum del primo ottobre imperversavano, lui ha rifiutato un’intervista programmata da tempo con la Bbc perché “non so cosa dire e non voglio rendermi ridicolo” – urge un Casalino in Catalogna. L’altroieri, Torra ha rivelato per la prima volta le sue carte, ma la sua strategia è frutto più di un ricatto che di lungimiranza. Il governatore catalano ha dato un ultimatum al governo socialista di Pedro Sánchez: o entro un mese approvi un piano per l’indipendenza della Catalogna, oppure facciamo cadere il tuo governo. La minaccia è reale: Sánchez, salito al potere in primavera grazie a una manovra di palazzo che ha scalzato il conservatore Mariano Rajoy, governa con una maggioranza risicatissima, e i parlamentari catalani potrebbero farlo cadere. Ma la minaccia di Torra è frutto di un ulteriore ricatto: i movimenti di facinorosi e massimalisti dell’indipendentismo che da giorni stanno bloccando la Catalogna e hanno perfino assaltato il Parlamento locale di Barcellona hanno fatto a Torra lo stesso ultimatum: o ci dai l’indipendenza o facciamo saltare il tuo governo – anche loro hanno i voti per farlo. E’ una specie di catena di sant’Antonio dell’estremismo politico, la cui vittima finale è il non estremista Sánchez. Il suo peccato? Essersi messo in società, per pura sete di potere, con secessionisti e massimalisti. E’ un compromesso che alla fine si paga. Lezione universale.