La Lettonia sul bivio
Partiti russofoni, ansie atlantiste e le tentazioni elettorali che conosciamo bene
Oggi in Lettonia si vota per eleggere il nuovo Parlamento e anche queste elezioni saranno una lotta tra europeisti ed euroscettici. Tra atlantisti e filorussi. Tanti i partiti che si sono presentati, due le coalizioni che potrebbero prendere forma, una guarda a ovest e l’altra a est. C’è un partito russofono che si chiama Armonia. E’ il più votato, ma non riesce mai a formare un governo, gli mancano alleati. Ma dal 2016 è apparso un altro gruppo, il Kpv – Kam Pieder Valsts? in italiano: “A chi appartiene lo stato?” –, che ha come leader un attore molto loquace che dice di voler sfidare l’ipocrisia delle élite. E’ il terzo partito, piace ai giovani e ai giovanissimi e ha dei legami molto stretti con un oligarca vicino a Putin. Insieme Armonia e Kpv non raggiungerebbero il 51 per cento dei seggi necessari alla maggioranza. E qui entra in gioco il partito – senza ideologia – dei Verdi.
Saranno loro a stabilire gli equilibri nel futuro Parlamento lettone, ma sono molto divisi. Il partito è legato al sindaco della città marittima di Ventspils, spesso descritto come un oligarca propenso a un’alleanza con Armonia. Ma nel partito c’è anche un’ala moderata, che potrebbe preferire un’alleanza con altri gruppi: nazionalisti, conservatori o liberali.
Dal 1991 la Lettonia è sempre stata attaccata al versante occidentale, ma questa volta le cose potrebbero cambiare. Tutto dipende dai Verdi. Sceglieranno di rimanere in una coalizione simile a quella ora al governo, con altri partiti nazionalisti e liberali, oppure, ispirati dalla nuova aria europea, sceglieranno di iniziare la Lettonia a una nuova èra dal sapore antico, in coalizione con Armonia e Kpv? Esiste anche una terza opzione, à la polacca. Verdi, Kpv e nazionalisti. Russofoba, ma di ispirazione democraticamente illiberale.