L'inno di Israele ad Abu Dhabi
La commozione in diretta tv per l’atleta premiato e gli effetti del disgelo diplomatico
La ministra strizza gli occhi e trattiene le lacrime mentre le note dell’inno israeliano, l’Hatikva, la speranza in ebraico, suonano forti. Il judoka Sagi Muki ha vinto domenica la medaglia d’oro nel Grand Slam di Abu Dhabi. Non è la sua vittoria però a emozionare anche i canali televisivi israeliani, alcuni dei quali hanno interrotto le trasmissioni per mandare in onda la premiazione. E’ la prima volta che in un paese arabo, che non riconosce Israele, risuona l’Hatikva e gli atleti possono competere mostrando il simbolo nazionale. Non ha torto la ministra dello Sport, Miri Regev, la stessa che trattiene le lacrime accanto al podio, a scrivere sui social: “Abbiamo fatto la storia”. Soltanto l’anno scorso, allo stesso torneo, un altro judoka israeliano, Tal Flicker, aveva vinto la medaglia d’oro ma, come tutti gli atleti israeliani che da anni ormai competono in alcuni paesi del mondo arabo senza un trattato di pace con Israele, non gli era stato permesso di salire sul podio al suono dell’inno nazionale.
Qualcosa sta cambiando tra Israele e i paesi del Golfo, senza passare attraverso negoziati, ma muovendosi direttamente verso una lenta e non troppo pubblicizzata normalizzazione. Il podio di Abu Dhabi arriva poche ore dopo una storica visita del premier Bibi Netanyahu in Oman, dove a breve si recherà per una conferenza sulle telecomunicazioni il suo ministro Yisrael Katz. Il responsabile dei Trasporti Ayoub Kara sarà a Dubai per parlare del progetto di una ferrovia tra Israele, Giordania e paesi del Golfo, Arabia Saudita compresa. E mentre in queste ore persino il Qatar, vicino agli islamisti palestinesi di Hamas, ha garantito che permetterà l’esecuzione dell’inno nazionale israeliano ai Mondiali di ginnastica artistica in corso nell’emirato, i giornali in Israele rivelano i dettagli di un incontro segreto avvenuto a giugno tra il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman e il suo omologo qatariota.
I conservatori inglesi