Il grave flop del governo sulla Libia
Il detestato Manenti riacciuffa il generale Haftar, ma Putin e Trump dove sono?
"Troppi cuochi”, intitola l’Economist il suo commento sulla conferenza sulla Libia di Palermo, e l’incipt è dritto come una spada: “Per una volta il governo populista italiano sarà contento di vedere un gruppo di africani che attraversa il Mediterraneo”. Sarcasmo a parte, il magazine britannico dice che lo scontro ideologico tra Matteo Salvini e Emmanuel Macron, che è scontro sul futuro dell’Europa, ora coinvolge anche la Libia, a detrimento ovviamente di ogni possibile risanamento della situazione libica.
La competizione Italia-Francia domina ogni analisi, è allo stesso tempo un problema e un alibi: tra photo opportunity e qualche dispetto la dialettica tra i due paesi permette di non parlare del ruolo degli altri interlocutori, che sono importanti. E soprattutto permette di non parlare del fatto che da sempre l’Italia si è fatta garante di un processo di pacificazione a trazione internazionale che ha il suo perno a Tripoli: questo non ha mai escluso un dialogo con il generale Haftar, ovviamente, ma in un’ottica di coabitazione, non di cannibalismo. Non è un caso che sia stato il capo dell’intelligence Alberto Manenti a volare dal generale capriccioso – in visita a Mosca – per convincerlo a partecipare alla conferenza di Palermo – quel Manenti che Salvini voleva fuori dai piedi già quest’estate.
L’Italia ha dilapidato buona parte della credibilità che aveva in Libia, e in compenso non è riuscita a compensare l’ostilità verso la Francia con un aiuto da parte dell’America di Trump e della Russia di Putin. Il primo dà solidarietà a parole a “Giuseppi” Conte, ma ha talmente disinteresse per quel che non ha rilevanza elettorale interna che non è molto affidabile. Il secondo viene osannato e celebrato da Salvini come l’unico statista di riferimento, ma in cambio sventola un fondo sovrano che ha poco da garantire e sulla Libia offre un piano alternativo, che s’appoggia soltanto su Haftar. Non è nemmeno certo se il premier russo Medvedev verrà, nella corsa last minute salva-conferenza vale tutto, ma quel che si poteva perdere s’è già perso.