Prove generali del G20
Il governo gialloverde è pro-Cina, ma il presidente Xi continua a ignorare l’Italia
Il presidente cinese Xi Jinping ha iniziato il suo viaggio di stato che lo ha portato in Spagna, lo porterà in Portogallo, a Panama e in mezzo la visita in Argentina, al G20 che si terrà il 30 novembre e il 1° dicembre a Buenos Aires. Ogni volta che si muove, il presidente della seconda economia del mondo, l’uomo che negli ultimi anni ha contribuito a ricostruire il ruolo di potenza egemone della Cina, porta con sé numerose notizie. Soprattutto perché – com’è tipico della diplomazia asiatica – ogni gesto e ogni dettaglio insignificante un significato invece ce l’hanno. Prima di volare in Argentina, Xi è stato in Spagna, dove ha incontrato i reali e ha firmato parecchi accordi commerciali. Sul quotidiano spagnolo Abc ha firmato un lungo commento sull’“importanza dei rapporti con la Spagna”, e lo stesso ha fatto poi il giorno dopo sull’argentino Clarin, sottolineando il ruolo globalizzatore cinese. Il South China Morning Post titolava ieri sulla charm offensive di Xi in Europa, “che chiama alla cooperazione Spagna, Francia e Germania”. Mentre Xi era in Spagna, il vice primo ministro cinese Liu He era in Germania. Al G20, l’unico bilaterale del presidente cinese con un leader europeo per ora confermato è quello con Emmanuel Macron. L’Italia è un po’ marginalizzata, insomma, ed è strano: il nuovo governo è quello che più di tutti ha tentato con vari viaggi di stato in Cina di dimostrarsi “aperto” a ogni forma di collaborazione. Se una visita del presidente è il massimo del cerimoniale diplomatico, sembra che dall’altro lato del Pacifico ci sia poco interesse. L’ultima visita di un presidente cinese a Roma è stata nel 2009, per il G8 allargato: Hu Jintao fu accolto allora da Silvio Berlusconi. Xi Jinping ha avuto finora solo una cena in Sardegna con Matteo Renzi nel 2016. Il governo del cambiamento è il più pro-Cina che abbiamo mai avuto, e forse il presidente Xi verrà in Italia il prossimo anno (così si vocifera al ministero dello Sviluppo economico). Per adesso, però, è l’Italia a rincorrere Pechino, non è ancora chiaro a vantaggio di chi.