Donald Trump durante la sua visita in Iraq (foto LaPresse)

“Non siamo più i coglioni”

Redazione

In visita in Iraq Trump traccia le coordinate del suo “America first”

Donald Trump è andato a trovare le truppe americane in Iraq, nella base di al Asad, nella sua prima visita in una zona di guerra da quando è stato eletto presidente. Parlando con i soldati, molti dei quali lo hanno accolto con i cappellini rossi “Make America Great Again” e un adesivo “Trump 2020” che lui ha autografato (e potrebbe aver violato una regola prevista dal Pentagono sulle attività politiche nelle sedi militari: se ne sta discutendo), Trump ha detto parecchie cose che chiariscono la sua idea dell’America nel mondo – e dato che c’era ha parlato anche del muro con il Messico, suo chiodo fisso.

 

Per ingraziarsi le truppe, il presidente ha detto di aver dato loro il primo aumento di stipendio da dieci anni a questa parte: “Voi ci proteggete – ha detto – E noi proteggiamo voi e lo faremo sempre. L’avete appena visto, perché avete ricevuto il più grande aumento di stipendio che mai avete ricevuto in più di dieci anni. Più di dieci anni. Ve ne abbiamo dato uno grande, vi ho dato un aumento davvero grande, davvero grande”.

 

Non è la prima volta che Trump dice questa cosa, che non è esatta: lo stipendio dei militari aumenta ogni anno da trent’anni, nel 2018 è stato aumentato del 2,4 per cento ed è previsto un aumento del 2,6 per cento per il 2019, più alto rispetto alla media degli ultimi nove anni. Ma il presidente, che pure aveva detto in passato di aver paura di certe situazioni estreme (atterrare con tutte le luci spente non è stata affatto una bella esperienza), era molto entusiasta dell’accoglienza e così, immerso nella sua giacca di due taglie più grandi, è riuscito non soltanto a fare il capo generoso – ti ho dato l’aumento! – ma anche il capo goffo, rivelando accidentalmente la presenza delle squadre speciali dei Navy Seals nella base irachena, che dovrebbe essere segreta: ha postato un video in cui i volti e l’assetto sono ben riconoscibili.

 

 

 

Trump ha poi difeso e confermato la sua decisione di ritirare le truppe americane dalla Siria: “Non siamo più i coglioni – ha detto: il termine usato è “suckers” – E nessuno ci considera più dei coglioni. Il nostro paese è tornato a essere rispettato. La nostra presenza in Siria non era senza fine, e non è mai stata concepita come permanente. Otto anni fa, siamo arrivati lì per tre mesi e non ce ne siamo più andati”. I generali, ha raccontato Trump, avevano chiesto di rimanere per altri sei mesi almeno, ma il presidente non ha dato seguito alla proposta: “Ho detto no e no. Vi ho dato un sacco di sei mesi. Ora facciamo le cose in un altro modo”.

 

Da un punto di vista prettamente militare, le operazioni in Siria saranno condotte dalle basi in Iraq – che Trump non vuole riportare a casa – e il ritiro sarà fatto in modo “molto ordinato” e con un processo ben definito, per evitare che lo Stato islamico riesca a rafforzarsi: “Continueremo a colpirlo in modo duro e rapido, tanto che non riuscirà nemmeno a capire come diavolo è successo” , ha detto Trump. Ma la decisione del ritiro non ha soltanto conseguenze militari: i principali alleati, i curdi, sono stati abbandonati, e non saranno protetti da eventuali raid che partono dall’Iraq; e poi i territori controllati dagli americani in Siria e dai loro alleati a chi saranno assegnati? La Russia ha già detto che devono essere riconsegnati al presidente della Siria, Bashar el Assad, o come lo chiama lo stesso Trump: “Animal Assad”.

 

Ma nella ideologia “America first” non c’è spazio per le considerazioni umanitarie o per il “nation building”, retaggi di un passato remoto, anzi vale il contrario: “Gli Stati Uniti non possono continuare a essere i poliziotti del mondo”, ha detto Trump, “ci siamo sparsi in tutto il mondo, siamo presenti in paesi che molte persone non hanno nemmeno mai sentito nominare e, francamente, questa è una cosa ridicola”. Non si possono andare a difendere confini sconosciuti, bisogna occuparsi dei propri: “Non so se siete al corrente di quel che sta accadendo in America – ha detto il presidente – Vogliamo rafforzare i confini del nostro paese. Ma i democratici non vogliono, non ci lasciano avere confini più sicuri. Soltanto per una ragione. La volete sapere? Perché è una cosa che voglio io”. Trump ha riportato davanti alle truppe il suo umore lagnoso del Natale, quello dei tweet “sono tutto solo, povero me”, ha fatto un po’ di propaganda politica e poi è ripartito per andare in visita ai soldati americani in Germania. Non ha incontrato nessun leader dell’Iraq, come prevede di solito la routine, e così gli iracheni ieri erano furiosi, e chiedevano il ritiro degli americani anche dall’Iraq. Polemica pretestuosa? In parte sì, ma è anche il sintomo di quanto ci si senta fragili oggi a essere alleati dell’America.

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