Pyongyang ci sta fregando
L’hackeraggio ai danni dei fuggitivi nordcoreani è business as usual, ma non si può dire
I dati di mille cosiddetti “defector” nordcoreani, cioè cittadini fuggiti dal regime totalitario dei Kim e che hanno chiesto protezione alla Corea del sud, sono stati hackerati. Lo ha annunciato ieri il ministero dell’Unificazione di Seul, senza dare molte altre spiegazioni, perché la notizia potrebbe mettere in pericolo l’appeasement con Pyongyang fortemente voluta dal governo di Seul. Sin dall’armistizio che ha sancito la fine della guerra di Corea, nel 1953, le famiglie di chi fugge dal Nord sono usate dalle autorità nordcoreane per punire chi defeziona. È anche per questo che ogni defector nordcoreano, una volta arrivato al Sud, trascorre un periodo di colloqui e interrogatori con i servizi segreti di Seul e poi un altro in un “istituto di ricollocamento”, strutture in teoria controllate e sicure.
Dopo l’hackeraggio, sono finiti sul mercato nero delle informazioni i dati personali di 997 nordcoreani, informazioni ghiotte per le autorità di Pyongyang che se mettessero le mani su quei dati potrebbero ricattare i fuggitivi, ma soprattutto evitare di farli parlare. In passato spesso i defector nordcoreani, una volta al sicuro, al Sud, si sono trasformati nei simboli della dissidenza, repressa nel sangue al Nord. È per questo che i principali sospettati dell’hackeraggio sono le squadre di cybercrimini delle Forze armate di Pyongyang.
Quello appena trascorso è stato l’anno delle fotografie storiche, delle strette di mano e del dialogo: il primo incontro di un leader nordcoreano con un presidente sudcoreano sul confine del trentottesimo parallelo; il primo summit tra un presidente americano in carica e il leader di un paese fino a poco prima neanche riconosciuto dalla comunità occidentale, inserito nella lista degli stati canaglia. Uno stato canaglia con la Bomba atomica. La grande illusione è che la Corea del nord si sia trasformata nel corso di quest’anno, ma la realtà è che continua a fare quello che ha sempre fatto. Solo che adesso lo fa da una posizione di forza.
Dalle piazze ai palazzi