844 giorni di Brexit, cosa è successo
Dalla vittoria del Leave nel 2016 alla mozione di sfiducia dei deputati Tory. Tutte le tappe dell'uscita dall'Ue in vista del voto di oggi
Stasera la Camera dei comuni voterà l'accordo della premier Theresa May sulla Brexit, che molto probabilmente verrà respinto. I giornali britannici oggi hanno provato a stimare i voti contrari: per il Guardian saranno circa 200, per il Telegraph 229. Il voto di oggi rischia di entrare nei libri di storia come la più grande sconfitta parlamentare di un governo britannico (il precedente risale al 1924). Tuttavia, il verdetto di Westminster sarà una tappa fondamentale, ma non l'ultima, nel lungo processo della Brexit che ha avuto inizio 844 giorni fa.
24 giugno 2016 – I cittadini britannici si svegliano con la notizia della vittoria del Leave, che sancisce l'uscita dall'Unione europea. La sera prima i telegiornali davano in vantaggio il Remain, ma il conteggio degli ultimi seggi elettorali ha cambiato gli equilibri. Alle quattro del mattino il leader dello Ukip, Nigel Farage, annuncia la vittoria del Leave in un discorso ai suoi sostenitori: "Siamo usciti dall'Ue senza sparare un colpo". La mattina del 24 giugno il primo ministro, David Cameron, annuncia le sue dimissioni: "Ci vuole una leadership nuova per gestire il negoziato".
17 gennaio 2017 - Il successore di Cameron è Theresa May, che vince le primarie del Partito conservatore contro dei rivali filo-Brexit (tra cui Michael Gove e Andrea Leadsom, che saranno ministri nel suo governo) e si insedia a Downing Street il 16 luglio 2016. La May, che si era schierata per il Remain nel referendum del 2016, assume una posizione molto decisa sulla Brexit.
Il discorso di Lancaster House, scritto dallo spin doctor euroscettico Nick Timothy è il manifesto della hard brexit, da cui la premier si allontanerà mano mano. La premier dichiara di volere "ripristinare il controllo delle nostre leggi" e promette di trovare un accordo che “non ci lasci metà dentro e metà fuori". Theresa May ripete la frase "Brexit means Brexit", che oggi viene usata dai detrattori del suo accordo.
29 marzo 2017 – Il Parlamento britannico attiva l'articolo 50 del Trattato di Lisbona, che consente a uno stato membro di uscire dall'Ue, con una larga maggioranza in Aula (498 voti a 114). I deputati laburisti e conservatori, sia pure con alcune defezioni, votano per uscire dall'Ue. Theresa May consegna al presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, la lettera in cui dichiara l'attivazione dell'articolo 50. La trattativa per la Brexit inizia ufficialmente il 29 marzo 2017 e i negoziatori hanno due anni di tempo (fino al 29 marzo 2019) per trovare un accordo sull'uscita.
22 settembre 2017 – La May tiene un discorso a Firenze in cui illustra la sua visione della Brexit. La premier, reduce da un pessimo risultato elettorale in cui ha perso la maggioranza a Westminster, assume un atteggiamento più cauto e compromissorio verso l'Ue. Theresa May ammette il bisogno di una partnership economica tra Londra e Bruxelles e introduce un nuovo slogan: “Imaginative and creative”. Questo in sintesi vuol dire che Londra proverà a trovare un accordo nuovo, mai sperimentato prima, che si colloca idealmente tra il modello norvegese e quello canadese.
8 luglio 2018 – Theresa May riunisce i suoi ministri nella residenza estiva dei Chequers per presentare la sua visione sulla Brexit. Il cosiddetto accordo dei Chequers, che verrà poi bocciato dai leader europei, prevede una "soft Brexit" che fa infuriare i membri più euroscettici del suo governo. Il ministro degli Esteri, Boris Johnson, rassegna le dimissioni e inizia una dura campagna contro la premier. Il ministro per la Brexit, David Davis, lascia il governo e viene sostituito dal giovane Dominic Raab.
13 novembre 2018 - La Gran Bretagna e la Commissione europea trovano un accordo sulla Brexit. Il giorno successivo la May riunisce i suoi ministri, gli spiega i dettagli dell'accordo e rilascia un breve messaggio davanti al portone Downing Street in cui afferma che il suo governo ha accettato l'intesa. Ma la giornata successiva (il 15 novembre) è una delle più difficili della sua premiership: alcuni membri del governo, tra cui il ministro della Brexit Dominic Rabb, si dimettono in polemica con l'accordo della premier. Molti osservatori temono una mozione di sfiducia del gruppo parlamentare dei Tory, ma viene tutto rinviato.
12 dicembre 2018 - In mattinata arriva la 48esima lettera di sfiducia dei deputati conservatori contro Theresa May, che è costretta ad affrontare una mozione di sfiducia del suo gruppo parlamentare. I Tories confermano Theresa May come leader del partito ma con un margine piuttosto risicato: duecento voti a favore e 117 contrari, soli 83 deputati di vantaggio. La fiducia dei conservatori è un sollievo per la premier che non potrà essere sfiduciata come leader del Partito conservatore per i successivi 12 mesi.
Tuttavia, gli oltre 100 voti contrari confermano un'ostilità piuttosto diffusa nei confronti della premier, e sono un brutto segno in vista del voto del Parlamento sulla Brexit, che si svolgerà in serata. L'esito è scontato ma il margine della sconfitta sarà decisivo per capire quale sarà il piano B di Theresa May.