I due volti del Ppe
Orbán spera in una maggioranza populista, Kurz vuole stare con i liberali
Dentro al Partito popolare europeo, il sovranismo ha assunto due volti. Il primo è quello del primo ministro ungherese Viktor Orbán, alfiere di un tipo di populismo identitario ed estremista che abbiamo imparato a conoscere. Giusto la scorsa settimana, Orbán criticava lo schieramento europeo a cui appartiene per la troppa moderazione, specie sui temi dell’immigrazione, e auspicava per le europee di maggio la vittoria di una “maggioranza anti immigrazione” a cui dovrebbero appartenere anche Matteo Salvini, il cui partito è fuori dal Ppe, e Jaroslaw Kaczynski. Il secondo volto è quello del cancelliere austriaco Sebastian Kurz, che ha contorni più ambigui. Kurz governa il suo paese in alleanza con un movimento populista, per un periodo lo si era considerato un’aggiunta perfetta al gruppo di Visegrád capeggiato da polacchi e ungheresi, ma nei consessi internazionali al contrario è piuttosto misurato, e anzi si è distinto come una voce europeista in un coro in cui l’europeismo va sempre più svanendo. Due giorni fa, in conferenza stampa a Strasburgo, Kurz ha detto che dopo le europee, quando sarà probabilmente necessario costruire un’alleanza per sostenere lo spitzenkandidat Manfred Weber alla presidenza della Commissione, il Ppe dovrebbe cercare in via preferenziale un patto con l’Alde di Guy Verhofstadt, vale a dire con una forza che ha come suoi massimi valori l’europeismo e il liberalismo. E’ diametralmente il contrario di quanto aveva detto Orbán pochi giorni fa, secondo cui quegli stessi liberali “sono diventati il nemico numero uno della libertà”, dove per “libertà” il primo ministro ungherese intende la libera violazione della solidarietà comunitaria. Dei due protagonisti del dibattito dentro al Partito popolare europeo, Kurz pare avere ancora a cuore i valori europei, nonostante alcune ambiguità. Orbán tifa per gli altri.