Il deserto bosniaco
Il nazionalismo dell’entità serba in Bosnia e la voglia di giustizia. L’Ue è lontana
La Republika Srpska protesta da un anno. Da un anno si arrabbia, grida, chiede di conoscere cosa è successo a David, chiede giustizia. David Dragicevic era un ragazzo di 22 anni di etnia serba, scomparso il 18 marzo del 2018 in circostanze poco chiare e che le autorità non hanno intenzione di chiarire. Il 30 dicembre il presidente della Republika Srpska Milorad Dodik ha vietato le proteste e le manifestazioni, ci sono stati arresti, scontri per le strade, anche il padre di David, Davor, è stato fermato dalla polizia con l’accusa di voler organizzare un colpo di stato. Il corpo del ragazzo è stato trovato in un fiume il 24 marzo e tutti, anche quelli più innamorati della figura forte del presidente dei serbi bosniaci, hanno cominciato a guardare chi con fastidio, chi con sospetto, chi con paura a quest’uomo.
La Republika Srpska è l’entità serba della Bosnia Erzegovina, e Dodik ha promesso che combatterà per la secessione, la staccherà definitivamente dal resto della nazione e su questa promessa ha costruito il suo nuovo mandato da presidente, conquistato lo scorso ottobre. Il leader serbo è parte del tessuto delle alleanze sovraniste, Vladimir Putin una volta si rivolse a Dodik chiamandolo “bravo ragazzo”, è alleato del presidente serbo Aleksandar Vucic e amico di Steve Bannon, ha alimentato in questi anni i sentimenti nazionalisti in una terra in cui la parola “nazionalismo” ha un significato doloroso, quando era primo ministro aveva promosso e ottenuto l’abolizione da parte del Parlamento della Republika Srpska del rapporto su Srebrenica sostenendo che i dati contenuti erano stati falsificati sotto le pressioni della comunità internazionale.
Il rapporto resta valido per il resto della nazione ma Dodik ha promesso che vincerà questa battaglia anche nel Parlamento nazionale. Il paese, nelle sue tre entità, non è più percepito come un posto sicuro, si sta spopolando, i giovani se ne vanno, in quattro anni sono 80 mila i ragazzi che sono partiti soprattutto per la Slovenia. C’è stanchezza, un bisogno di evasione e necessità di giustizia. La Bosnia Erzegovina aspira a entrare nell’Ue nel 2025, ma il cammino per l’integrazione rimane più lungo del previsto.
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