L'accordo prima dello shutdown
I repubblicani non devono ascoltare Trump se vogliono tutelarsi
In queste ore che precedono l’ultimatum di venerdì stiamo assistendo – come in un documentario sui grandi predatori – a uno spettacolo naturale: i repubblicani avranno abbastanza istinto di autoconservazione per raggiungere un accordo con i democratici, evitare uno shutdown e presentarlo al presidente Trump affinché, pur con il broncio, lo firmi? Oppure non avranno il coraggio di firmare con i democratici un accordo che potrebbe dispiacere al capo, a Trump, e quindi faranno ripiombare l’America intera nell’incubo dello shutdown?
Ricordiamo tutti cosa è successo durante i trentacinque giorni di shutdown, il più lungo nella storia del paese, tra dicembre e gennaio: gli aeroporti cominciarono a chiudere perché il personale della sicurezza restava a casa (del resto perché spendere i soldi per la benzina per andare a lavorare se non hai lo stipendio?) e gli agenti dell’Fbi con più risparmi in banca compravano generi alimentari per i colleghi che erano più scoperti. Furono settimane di totale mancanza di dignità per tutti i dipendenti statali – che schiacciati da affitti e rate da pagare non avrebbero potuto fisicamente resistere molto di più. I repubblicani sanno che gli elettori non sarebbero affatto felici e darebbero loro la colpa – e farebbero pure bene, perché è stato lo stesso presidente Trump ad assumersi tutta la responsabilità dentro lo Studio ovale davanti a giornalisti e telecamere accese.
Oppure i repubblicani potrebbero farsi schiacciare dal timore di Trump, che ascolta non loro ma gli opinionisti di Fox News – che lavorano per una società privata e hanno poco da perdere – che continuano a sostenere che senza il muro al confine con il Messico l’intera presidenza Trump sarebbe un fallimento. Per ora le cose vanno in direzione di un accordo da circa un miliardo di dollari e poco più per rafforzare la sicurezza lungo il confine, e sarebbe una cifra inferiore all’accordo che Trump ha stracciato a dicembre.