I manifesti sparsi per le città ungheresi che accusano George Soros e Jean-Claude Juncker di aver fatto entrare troppi migranti in Europa (Foto LaPresse)

Gli undici ungheresi e il Ppe

Redazione

Sette partiti chiedono l’espulsione di Orbán dalla grande famiglia europea

Dopo i cartelloni, la lettera. “Cari compatrioti – ha scritto Viktor Orbán a ogni casa – vi scrivo per informarvi sugli sviluppi preoccupanti della crisi migratoria” e nel testo informa delle “reali” intenzioni di Bruxelles, e anche di George Soros, di portare sempre più musulmani in Europa. “I burocrati stanno incoraggiando l’immigrazione”. La risposta di Bruxelles è stata meno blanda del solito, soprattutto da parte di alcuni esponenti del Ppe. Anche la Commissione Ue ha voluto rispondere al premier, dicendo che la campagna del governo ungherese distorce la verità e crea la trama di un complotto segreto che non esiste. E mentre sembra che Viktor Orbán stia sfidando il Ppe, o forse le stia tentando tutte per farsi cacciare, aumenta il numero dei deputati che vogliono mandare via Fidesz. Sono sette i partiti che hanno chiesto l’espulsione di Viktor Orbán che continua a occupare i seggi del Ppe, una delle famiglie più europeiste del Parlamento Ue, senza condividerne gli obiettivi e i valori.

 

A chiedere formalmente l’espulsione di Fidesz, che se avverrà potrebbe non verificarsi prima del 26 maggio, sono stati due partiti belgi, uno del Lussemburgo, i popolari portoghesi, il finlandese Kokoomuse la Cda olandese. Al Partito moderato svedese e alla Nea Demokratia greca manca la richiesta formale, ma quando Joseph Daul, il presidente del Partito popolare europeo, avrà sette lettere da sette partiti, dovrà mettere all’ordine del giorno l’espulsione di Fidesz. Per ora la grande famiglia europea di centrodestra continua a farsi tormentare da un dilemma, se lasciar andare il capostipite dei populisti europei – che potrebbe rafforzare il sogno bannoniano dell’internazionale sovranista – o se ostinarsi nel tentativo di chiudere Fidesz nel Ppe, ammansirlo, romanizzarlo, come vorrebbe fare Manfred Weber che nel caso Orbán rivede quanto accaduto nel 2005 con David Cameron, la cui uscita dal Ppe aprì la strada per la Brexit. Ma i Tory non sono Fidesz, e non saranno gli 11 deputati di Orbán dentro o fuori il partito a cambiare il destino politico del Ppe. L’Ungheria poi, nonostante le minacce, i complotti e le bugie di stato non ha intenzione di lasciare l’Unione europea.

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