Trump contro gli studenti nella bolla
La suscettibilità nei campus è eccessiva (ma il governo non intervenga)
Sabato Donald Trump ha parlato di un ordine esecutivo che intende firmare a breve e che ci ha strappato sospiri di soddisfazione: se le università americane non accettano la libertà d’espressione e continuano a proteggere gli studenti dentro alle loro bolle al riparo da qualsiasi pensiero che non sia in linea con il loro, allora toglieremo loro i fondi pubblici. Ben detto Donald, ci verrebbe da commentare, è ora di finirla con la pagliacciata dei corpi studenteschi dei campus che denunciano sempre l’arrivo di qualche speaker a loro non gradito come se fosse una violenza di massa, con barricate, interdizioni, richiesta di cure psicologiche e proteste. C’è un eccesso di suscettibilità che va molto oltre il ridicolo, ma loro non se ne accorgono. A volte invece si può ascoltare qualcuno con cui non si è in disaccordo e poi si resta semplicemente in disaccordo, senza traumi (succederà spesso fuori dal campus, meglio cominciare ad abituarsi all’idea). Tuttavia, sarebbe di gran lunga preferibile se il governo americano si tenesse fuori dal campo della definizione delle idee che si possono oppure non si possono dibattere nei campus universitari, perché è un tipo di intervento che è difficile gestire senza fare danni sul lungo termine – sarebbe meglio che studenti e professori si dessero una regolata da soli e smettessero le lagne esagerate quando viene a parlare qualcuno che non sta loro simpatico. Oggi Trump vuole decidere come funziona la libertà d’espressione negli atenei, un giorno chissà potrebbe essere Alexandria Ocasio-Cortez, a nessuno conviene ficcare troppo il naso nella questione. Che poi è la ragione per cui il sistema imperfetto è andato avanti così finora. Detto questo, gli studenti piagnoni che dicono di sentirsi “minacciati” quando nel campus arriva uno speaker che non la pensa esattamente come loro si meriterebbero Trump per sei mandati consecutivi.
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