Anche l'Iran abbandona il patto atomico
Ora ci vorranno gestori più che abili della situazione. Se ci sono
Il presidente iraniano Hassan Rohani dice in un discorso televisivo che fra sessanta giorni se non ci saranno nuovi negoziati l’Iran smetterà di aderire al patto sul nucleare firmato nel luglio 2015 con l’Amministrazione Obama, perché l’Amministrazione Trump ormai da un anno si è ritirata dall’accordo. Vuol dire che l’Iran comincerà a conservare l’uranio in eccesso e gli altri elementi prodotti dai suoi siti nucleari, che potenzialmente potrebbero diventare combustibile per armi atomiche.
Il discorso di Rohani è stato valutato dagli esperti molto meno incendiario di quanto ci si aspettasse, probabilmente perché le sanzioni stanno già esercitando una pressione molto dura sull’economia iraniana e provocare altre sanzioni con parole di sfida potrebbe avere conseguenze troppo pesanti. Le difficoltà di cassa dell’Iran si trasmettono a catena a tutte le iniziative politiche e militari in medio oriente, l’alleato Bashar el Assad presidente della Siria in queste settimane è alle prese con un deficit di carburante che sta facendo soffrire tutti i siriani e l’economia del paese – di solito il governo iraniano ci metteva una pezza ma non è più il clima adatto, c’è troppo malcontento popolare per sussidiare con larghezza il partner siriano. La strategia sembra quella di trascinarsi fino al 2020, sperando in un cambio di presidente a Washington – mentre Washington guarda all’Iran e spera nel collasso del regime (che però è assuefatto a questo stato agonico). Quando l’Iran chiuderà ai controlli dell’Agenzia internazionale per le armi atomiche si tornerà agli anni degli enigmi – quelli in cui si scoprivano installazioni nucleari segrete. Diventerà tutto più imprevedibile e ci vorranno in campo attori molto abili per gestire la situazione. Se ci sono.
Cosa c'è in gioco