“Gli piacerebbe”
Il modello Orbán suscita l’invidia di Trump, dice il suo uomo a Budapest
Franklin Foer, scrittore, ex direttore del magazine New Republic ora all’Atlantic, è andato a Budapest, ha incontrato intellettuali, politici, manager, accademici e ha scritto uno splendido articolo in cui racconta come il premier ungherese Orbán sta trasformando il suo paese: al centro c’è la Central European University, l’università di George Soros, che non può più operare in Ungheria a causa di norme volute dal governo, ma intorno c’è tutto quel che serve per comprendere il progetto orbaniano, il suo opportunismo politico, il suo sistema di potere, naturalmente l’inimicizia con Soros e il deterioramento del dissenso intellettuale nel paese. Il racconto di Foer è preciso e a tratti drammatico, un testo importante per comprendere il fascino che Orbán esercita su alcuni leader europei, in particolare sul nostro ministro dell’Interno, recente visitatore ammirato. In particolare, nelle tante voci ascoltate da Foer, c’è quella dell’ambasciatore americano a Budapest, David Cornstein, un gioielliere di New York di ottant’anni cui Donald Trump ha assegnato il posto per onorare il ricordo della nonna ungherese. Foer incontra Cornstein all’ambasciata, assieme a loro c’è un assistente agitatissimo: il suo nuovo capo non è un diplomatico di carriera, le interviste sono sempre complicate. Cornstein non ha fatto nulla per impedire che la Ceu fosse messa nelle condizioni di trovarsi un’altra sede (a Vienna) e il sostegno internazionale che l’Università si attendeva non è arrivato, non certo dall’uomo di Trump in città. Cornstein difende il proprio operato, ma quando Foer lo incalza sulla “democrazia illiberale”, inizia “a danzare attorno alla domanda senza mai arrivare a una risposta – scrive l’autore – e alla fine dice: ‘Conoscendo il presidente Trump da 25 o 30 anni posso dirle che gli piacerebbe avere la stessa situazione di Orbán, ma non ce l’ha”. Lunedì, Trump incontra il premier ungherese alla Casa Bianca.