Berlino e l'amicizia con Israele
All’Onu la Germania dice basta alla “marginalizzazione” dello stato ebraico
Stop ai “trattamenti ingiusti” e alla “marginalizzazione” di Israele alle Nazioni Unite. A dirlo, riconoscendo un certo pregiudizio del Palazzo di vetro, è la Germania di Angela Merkel, membro non permanente del Consiglio di sicurezza di cui è presidente da aprile, con una dichiarazione del ministero degli Esteri diffusa anche in lingua inglese. L’occasione sono i 70 anni dall’ingresso dello stato ebraico nell’Onu: “La storica responsabilità tedesca per lo stato ebraico e democratico di Israele e la sua sicurezza sono parte della nostra ragion d’essere”, si legge. Finalmente. Con uno storico di votazioni alle Nazioni Unite in linea con paesi come Iran e Yemen su temi come Gerusalemme, le alture del Golan e la Cisgiordania e dopo una risoluzione del partito liberale all’opposizione, l’Fdp, respinta due mesi fa dal Bundestag, Berlino rivendica un ruolo all’Onu rilanciando il multilateralismo tanto osteggiato dagli Stati Uniti di Donald Trump e cambiando l’approccio su Israele.
Qualcuno in Israele, come Yair Netanyahu, il figlio del premier Benjamin (cui ha dato risalto anche il tabloid tedesco Bild) ha ricordato i collegamenti tra alcune organizzazioni politiche tedesche e i gruppi palestinesi che sostengono il boicottaggio di Israele. Altri, di maggior spessore e peso politico, come Jeremy Issacharoff, l’ambasciatore di Gerusalemme in Germania, hanno accolto positivamente la svolta. Era stato proprio Issacharoff ad auspicare che si ripartisse dalla bocciatura del Bundestag per dare alla questione un posto nell’agenda politica tedesca. Così ha annunciato di aver tagliato i ponti con l’AfD, tenendo la mano alla cancelliera e al suo governo, in attesa che altri seguano l’esempio tedesco. Magari l’Italia, a parole sostenitrice della causa israeliana, nei voti all’Onu molto più allineata alle dittature del Golfo.
Cosa c'è in gioco