Il procuratore Mueller appare tardi

Il procuratore speciale Robert Mueller è andato a parlare davanti alle telecamere per la prima volta da quando è cominciata l’inchiesta per scoprire se c’era stata collusione tra il governo russo e la campagna elettorale di Donald Trump e la situazione non si è spostata di un millimetro rispetto a prima. Mueller ha fatto questo gesto perché così ha bloccato, giocando d’anticipo, le richieste da parte dei democratici che lo vorrebbero portare a testimoniare al Congresso. Ha detto che la sua testimonianza è il rapporto che ha scritto e che poi è stato (quasi per intero) pubblicato. Ha detto che la Costituzione americana gli impedisce di incriminare il presidente in carica degli Stati Uniti. Ha detto anche “se avessimo avuto la certezza che il presidente non abbia commesso un crimine l’avremmo detto”. Tutto come prima.

Il presidente non è esonerato, non può essere incriminato, la procedura per farlo non passa attraverso un procuratore speciale ma semmai per il Congresso (dove però serve una maggioranza qualificata per portare a termine l’impeachment contro Trump, quindi i repubblicani possono bloccare il procedimento). Certo, a vedere la figura severa di Mueller che dice davanti alle telecamere cose come “abbiamo fin da subito escluso la possibilità di incriminare il presidente” perché lui e il suo staff non ne hanno il potere, oppure il passaggio sul fatto che non può dire se il presidente è colpevole o innocente, viene da pensare che l’Amministrazione ha giocato molto bene le sue carte. Ha fatto parlare prima il ministro della Giustizia William Barr, che ha sminuito i dubbi e ha presentato al mondo il rapporto come se dicesse “Trump è innocente”, ha lasciato che l’opinione pubblica si adeguasse a quella conclusione e poi un mese dopo, in ritardo, ha pubblicato il rapporto quando ormai la conversazione si era chiusa.