Il premier spagnolo Pedro Sánchez assieme al leader di Podemos, Pablo Iglesias (Foto LaPresse)

Non è tutto liberale quel che è Sánchez

Redazione

Il premier spagnolo fa preoccupare le istituzioni finanziarie con riforme spendaccione

Pedro Sánchez, presidente facente funzioni del governo di Spagna, leader del Partito socialista operaio spagnolo (Psoe), è in piena fase di contrattazione per la formazione di un nuovo governo dopo la sua vittoria alle elezioni di fine aprile. I negoziati vanno per le lunghe, sono più faticosi del previsto, e per la prima volta negli ultimi giorni si è cominciato a sussurrare che forse Sánchez non ce la farà a formare l’esecutivo, o quanto meno a formarne uno stabile. Nel frattempo, però, la vittoria (anche) alle europee ha fatto del Psoe il partito più grande del gruppo socialista all’Europarlamento, e di Sánchez un beniamino di tutti gli europeisti e faro della riscossa antipopulista: Florian Eder di Politico Europe definiva Sánchez come il nuovo “bff” (migliore amico per la vita) di Emmanuel Macron. Questa passione liberale nei confronti di Sánchez è per molti versi giustificata: il leader spagnolo è un europeista sincero ed è un pezzo fondamentale della lotta contro i populismi.

 

Ma quando si parla di politiche economiche, Sánchez non è precisamente un liberale, anzi: in altri contesti alcune delle sue riforme chiave sarebbero considerate come populiste. Anzitutto, il Psoe nella scorsa legislatura è stato alleato del partito di estrema sinistra Podemos, e probabilmente lo sarà anche nella prossima. Assieme, Psoe e Podemos hanno approvato misure assistenzialiste come aumenti salariali ai dipendenti pubblici e una forma di reddito minimo che Sánchez ha già promesso di espandere nel prossimo mandato. Tra i punti in agenda, inoltre, ci sono l’abolizione delle riforme del mercato del lavoro e del sistema pensionistico volute dal predecessore di Sánchez, il conservatore Mariano Rajoy. Entrambe sono considerate come pietre angolari della miracolosa ripresa dell’economia spagnola, e la loro abolizione sarebbe un danno incalcolabile. Questa settimana la Banca di Spagna ha chiesto a Sánchez di non mettere in pericolo il futuro delle giovani generazioni facendo spese pazze sulle pensioni (ricorda qualcuno?) e Moody’s ha minacciato di abbassare il rating del paese nel caso in cui si verificasse una “ampia inversione di marcia rispetto alle riforme”.

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