Misurare la sconfitta dell'Italia in Europa
Alleanze sbagliate, tattica suicida, assenza di visione. I conti non tornano
La battaglia italiana in Europa non ha mai riguardato prettamente le nomine perché, dopo aver avuto la presidenza della Bce, la vicepresidenza della Commissione assieme all’Alto rappresentante per la politica estera e la presidenza dell’Europarlamento, in questa nuova legislatura l’Italia non poteva che vedersi ridimensionata. L’isolamento italiano quindi non va considerato guardando le poltrone e i nomi assegnati – per quanto essere le star del mondo nazionalista quando il 70 per cento del Parlamento di Strasburgo è europeista non sia di alcun aiuto – ma tenendo conto della strategia negoziale, cioè la nostra politica europea. Il governo gialloverde ha deciso di mettersi di traverso rispetto a Francia e Germania: il cambiamento partiva da una rottura rispetto alla collocazione naturale dell’Italia in Europa, che era sempre stata a un passo – più o meno lungo – dal motore franco-tedesco.
Questo allontanamento ha avuto un primo effetto molto visibile: il vuoto è stato riempito da qualcun altro, in particolare dalla Spagna che, dopo aver rispettato i cosiddetti diktat europei, è riuscita a uscire dall’impasse economica e a diventare uno dei principali interlocutori di Francia e Germania – quel che prima era l’Italia, appunto. Il governo Conte ha quindi cercato altre alleanze e altre triangolazioni, guardando più a est che a ovest, dove l’ala verde dell’esecutivo trovava maggiori ispirazioni. Stando con i paesi di Visegrád e con i movimenti euroscettici di altre nazioni, il governo è riuscito, negli ultimi giorni, a boicottare la candidatura del socialista Timmermans, cosa che è stata celebrata da politici e commentatori filogovernativi come un successo.
Un socialista olandese sarebbe stato più conciliante con i nostri guai economici rispetto a una conservatrice tedesca, ma l’ansia di riposizionarsi in Europa è talmente grande che si scontra di continuo con la ragione. È accaduto con l’immigrazione in modo molto netto: l’est non conosce solidarietà, noi abbiamo bisogno di solidarietà. Ma ci ostiniamo a chiamare questa strategia dell’isolamento “interesse nazionale”.