Il Donbass spiegato a Salvini
Il ministro vede solo se stesso e non le guerre che il suo partito sostiene
“Volevano uccidere me”, ha detto Matteo Salvini riferendosi ai possessori di armi, svastiche e del missile ritrovato in un hangar in provincia di Pavia. Il ministro dell’Interno italiano si è in fretta intestato la risoluzione del caso, dicendo che l’inchiesta era partita su sua segnalazione, ma sono bastate poche ore e le smentite della polizia e della magistratura per mettere in chiaro che nessuno aveva intenzione di usare quelle armi, tanto meno il missile aria-aria e senza esplosivo, per uccidere Matteo Salvini. L’inchiesta è lunga e gli estremismi spesso cozzano tra di loro, ma nel lungo viaggio e giro che quelle armi hanno fatto, una delle ultime tappe porta al Donbass.
Dopo essere passate nelle mani di imprenditori italiani e svizzeri, la vendita era stata affidata a un ex candidato di Forza nuova che avrebbe provato a venderle a un gruppo di estremisti che combattono nelle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk. Matteo Salvini non c’entra, le armi non erano per lui, ma sarebbero potute arrivare in un territorio in cui c’è la guerra dal 2014, una guerra che ha causato, secondo i dati pubblicati dalle Nazioni Unite, oltre diecimila morti, trentamila feriti e più di due milioni di sfollati. Dal conflitto sono nate due repubbliche separatiste, Donetsk e Lugansk, non riconosciute dalla comunità internazionale. Nemmeno la Russia le riconosce e continua a negare la presenza nel loro territorio.
Nel Donbass combatte l’esercito ucraino contro le truppe separatiste filorusse, sono presenti anche gruppi nazionalisti di Kiev e gli omini verdi, truppe mercenarie russe. Il Donbass è un campo di battaglia, con troppi interessi al centro e poche vie di uscita. Mentre gli altri governi europei cercano di far finire questa guerra, lo scorso anno Gianluca Savoini, secondo i documenti della procura di Genova ed esaminati mesi fa da BuzzFeed News, ha avuto contatti con una delle persone accusate dai magistrati italiani di reclutare e finanziare mercenari nell’Ucraina orientale. Le armi nell’hangar vicino a Pavia non erano destinate a Matteo Salvini, ma sarebbero potute finire proprio lì, nel Donbass a fomentare una guerra contro la quale la Lega non sembra voler prendere posizione.
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