Giovani ebrei nella vecchia Europa
I dèmoni dell’antisemitismo colpiscono duro le nuove generazioni
L’ultimo rapporto dell’Unione europea sull’antisemitismo inizia con un avvertimento. “E’ una lettura cupa”, scrive Michael O’Flaherty, direttore dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, nella prefazione. Concentrandosi sugli ebrei più giovani, di età compresa tra 16 e 34 anni, il rapporto presenta le loro percezioni sull’entità dell’antisemitismo nei rispettivi paesi.
Il rapporto sottolinea che “i giovani ebrei europei sono considerevolmente più esposti all’antisemitismo dei più anziani”. Il 45 per cento di loro afferma di essere stato vittima di almeno un episodio antisemita nei 12 mesi precedenti il sondaggio. La sfiducia nei confronti delle autorità è fortissima e si riflette nell’80 per cento dei giovani ebrei che non hanno denunciato quegli episodi di aggressioni alle autorità. “L’antisemitismo è normalizzato in tutta l’Ue”, ha concluso il rapporto. Un altro fattore che induce al pessimismo gli ebrei più giovani in Europa è il loro palpabile senso di vulnerabilità quando i sostenitori dell’antisemitismo sfruttano il conflitto arabo-israeliano per attaccare gli ebrei in Europa. Il 55 per cento ha preso in seria considerazione la migrazione negli ultimi dodici mesi. Non passa settimana senza che dall’Europa non arrivi un caso di antisemitismo. Simboli che scompaiono per “sicurezza” (l’ultima è la bandiera israeliana da Strasburgo), aggressioni per strada, ingiurie ai rabbini, storie di partenze, di scuole fortificate, di atmosfere d’assedio.
Con l’antisemitismo che in varie forme continua a rigurgitare odio sul suolo europeo 75 anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale e l’Olocausto, quest’allarme dei giovani ebrei figli di un dio minore nella Vecchia Europa dovrebbe attirare e scatenare più delle nostre solite frasi di circostanza.